13 agosto 2006

Vacanze andaluse


Per qualche giorno all'anno, ogni anno dal 2002 a questa parte, mi sta bene essere un po' andaluso, e mescolarmi a loro, a questi spagnoli del sud dalla parlata stretta e dall'umorismo agrodolce, vivendo al loro fianco, e facendomi con loro qualche giorno di mare, nel piccolo lembo di terra che la provincia di Granada ha sul Mediterraneo, e per la precisione a L'Herradura, l'ultimo paese ancora non distrutto dalla speculazione edilizia di questi paraggi.
Mi piace parlare solo spagnolo, cercando di nascondere (invano) il mio accento italiano. Fare la coda per comprare il pane. Scendere in spiaggia la mattina presto (le 9!) per mettere l'ombrellone e riservarsi un posto "en primera linea", conditio indispensabile in queste spiagge tutte rigorosamente libere. Stare in spiaggia sotto l'ombrellone a leggere El Mundo (ediccion Andalusia) e El Ideal (Granada), dato che il Corriere quest'anno non arriva. Giocare al Sudoku. Leggere Linus, i Simpsons, Dies Irae. Passare ore a mollo, in quest'acqua perfetta finora, cristallina, calma, tiepida, verde il pomeriggio, azzurra la mattina. Pranzare alle 15.00, cenare alle 22.00. Fare la siesta. Giocare al cinquillo. Muovermi solo in autobus, con le corriere dell'Alsina Graells. Bere birra Alhambra, mangiare manchego, jamon iberico, insaladilla rusa, pinchitos, croquetas, tutto rigorosamente casalingo. Aspettare ogni sera il tramonto sulla spiaggia, tramonto che qui arriva un ora dopo che in Italia.
E pensare, rimuginare, inventare, tornare indietro con la mente al passato più che remoto... in principio... in the beginning... (0 - continua)

1 commento:

L'incertain regard ha detto...

No no, in vacanza non si pensa, rimugina o inventa. L'unica azione concessa è deconnettere il cervello :-)