14 dicembre 2009

Cartoline da Berlino.


TV tower
Inserito originariamente da Marco40134

A Berlino ci sono stato nel 1987. Poi anche nel 1993 e 1994 ma non contano, la volta che ha definito tutto è stata la prima: la città divisa, la mia summer of love, la temperatura tiepida, i bagni nei laghi, prendere il sole nudi al Tiergarten, la visita all'est e la breve immersione nell'universo sovietico, nel grigiore del cemento dell'acciaio e degli addii tra gli amanti divisi dal muro alla sera, alla partenza dell'ultimo metrò.
E tornarci adesso 22 anni dopo, metà della mia vita dopo, è stato come un viaggio iniziatico, per così dire, come andare a scoprire una città che in questo tempo si è completamente reinventata e riunificata, ma che conserva ancora i passi del suo passato, le orme di cio' che fu mescolate caleidoscopicamente con il presente e il futuro. Una metafora forse di me stesso, e quindi viaggio di scoperta non solo esterna ma anche interna.
A Berlino ci si trova o si ritrova, è una città-esperienza, più gestibile di Londra, meno impervia di Parigi.
A chi ricorda la Berlino col muro, questa Berlino aperta e globale dà un po’ di smarrimento, come se fosse tutto finalmente esploso e aperto, come se una seconda città si fosse materializzata al fianco di quella che si ricorda, integrandola e completandola. E adesso la sensazione è di qualcosa di omogeneo, e gigante. C’è un fiume, la Sprea, che prima quasi non si vedeva, e Unter den Linden è diventato il doppione dello shopping rispetto al Kudamm. Ci sono nuovi quartieri, e palazzi, e il tutto è vivo e vibrante e respira, collettivamente, architettonicamente, ed è un respiro ampio, speranzoso, profondo. La cicatrice del muro ancora si vede, ma bisogna cercarla guardando per terra. Se non lo si fa, è tutto unito, si è “chiusa una gestalt”, tra l’Europa dell’est e quella dell’ovest, ed è la nuova Europa del XXI secolo quella che qui si incontra, si mischia, si unisce.
A Berlino si partecipa al No-B day, qualche centinaio di persone al gelo davanti alla Porta di Brandeburgo, e a Berlino ci si perde nel memoriale dell’Olocausto, questa foresta di cubi di cemento che la pioggia ha bagnato e in cui sembra di sprofondare, di inabissarsi, nella pagina più dura e impietosa della Storia.
A Berlino si va alle terme, al Liquidrom (ma ci sono anche quelli sulla Sprea a pochi minuti), e si sta immersi nell’acqua calda a sentire la musica, in galleggiamento, come tornando in un utero materno, o se ne sta fuori sempre nell’acqua calda, a sentire la pioggia leggera che cade sul viso, e la notte nerissima sopra, nera nonostante l’albedo, nera e invernale e che sembra parlare e dire
A Berlino si gira, in metro, in tram, in autobus, a piedi, in taxi, ci si muove da un quartiere all’altro, da un’esperienza all’altra. Si balla, a Berlino, a qualsiasi ora, e ci si fa entrare il ritmo dentro immersi in una fauna umana variegata e caleidoscopica. A Berlino si mangia – colazioni enormi alla tedesca, giapponese, tailandese, turco, wiener shinizel, si beve – birra e non solo -, ci si commuove a una mostra di Nan Goldin o andando a ritrovare esattamente la stessa casa, esattamente lo stesso indirizzo, di quell’agosto del 1987 con i ventidueanni estivi, e l’ombra di me che ancora cammina per quelle strade e sogna altri sogni ormai dimenticati, eppure sempre uguali a se stessi, sempre vividi, sempre vivi.


02 dicembre 2009

Resistenza. E amore.

Alessio

Ho scoperto Alessio Lega per puro caso, e potete scoprirlo anche voi, sul suo sito, dal quale è possibile scaricare nella sua interezza e gratuitamente l'album Resistenza e amore, uno degli ascolti più forti degli ultimi anni. Con voce che entra dentro la pelle immediatamente, con una scelta lessicale e lirica così potente da far drizzare i peli sulle braccia Alessio canta - come dice il titolo - di resistenza e di amore, fondendo queste due forze primordiali dell'uomo e riportandoci alla loro verità. Alessio canta di tunnel che si aprono su Genova, e del riconquistare la città, parla dello straniero che è in noi e fuori di noi, e che vuole prendere "il largo verso altrove, dove non seppellisci i sogni, dove non inghiottisci odio, e arrivi a odiare i tuoi bisogni". E l'amore che c'è e ci sarà lo senti nella forza delle parole più che nelle immagini evocate, lo senti in come sono cantate le strofe, nei sotterranei del lessico, nell'intercapedine dello spartito.

In queste canzoni c'è il genio delle parole, il guizzo di un'immaginazione eversivamente mai sopita, un anelito di amore senza confini o filtri. Sono canzoni da ascoltare mentre si mangia la strada, mentre si divorano le nuvole, le montagne, i fiumi, le città, mentre si va altrove, o in ogni posto. 

Insomma, ascoltatele una volta, o due, e saranno le vostre canzoni. Garantito.