30 gennaio 2010

On the way back


Mur peint
Inserito originariamente da nadou6
Torno da Angouleme. Poche righe ancora in viaggio per fissare le idee: salone bello come sempre, ma meno gente. in misura avvertibile. Crisi momentanea oppure inizio di un declino? Effetto della crisi? Vero è che i dati del 2009 vedono il mercato del fumetto francese in un momento di equilibrio, con una minima oscillazione rispetto all'anno precedente (e in cui Panini ha avuto una crescita a due cifre, sorprendentemente). Ma ad Angouleme, nel Poitu Charente, ci sono venute meno persone, e si girava bene nei magnifici stand, c'era da sedere al ristorante, e i bus che portavano agli hotel in periferia erano semivuoti.

E sotto un cielo bianco che a un certo punto si è aperto d'azzurro, sotto la pioggia o contro il vento, per la diciottesima volta ho percorsop le strade e le piazze in compagnia di ragazzini volanti, cavalieri templari, pellegrini degli inferi, alla ricerca del fumetto perfetto, o anche solo di un buon fumetto made in France da leggere e da pubblicare. O di un nuovo fumetto europeo da creare.

27 gennaio 2010

Delbono e di Bologna


Snow over Bologna west
Inserito originariamente da Marco40134
Sono due giorni che leggo di Delbono, della Cracchi, della mia città, del Cinzia-gate, cercando di radunare i pensieri e farmi un’opinione non superficiale su quanto accaduto a Bologna questa settimana. Leggo giornali, blog, status di Facebook in cui giornalisti e lettori si accaniscono pro o contro, e alla fine la sensazione di sconcerto, di vuoto, di confusione, permane. Ne parlo con mia madre, che è stata seduta in consiglio comunale dal 1964 al 1969, con il sindaco Dozza, e ha partorito sia me sia mio fratello in quegli anni, rendendo simbolicamente anche noi parte reale di quella mitologica gestione cittadina. Ma anche lei, che sarebbe (se non fosse per l’età) il candidato perfetto come sindaco di Bologna, non sa cosa dirmi. Lei, che conosce tutti e tutto di questa città e delle stratificazioni sociali, politiche e di potere che la governano “de facto”, non ha parole, salvo dire “Scrivi che il prossimo sindaco dovrebbe essere una donna”. Già, una donna.
Questa storia dice molto delle donne e degli uomini. Dei rapporti di potere che si mescolano con quelli d’amore. Questa storia dice di lealtà e slealtà, silenzio e parole, verità e bugie. Dice di un uomo di potere che mescola una relazione amorosa con una di lavoro, e poi falsifica (probabilmente) le note spese dei suoi viaggi con lei, contravvenendo a due regole base che qualsiasi dirigente degno di questo nome dovrebbe conoscere alla perfezione: non si va a letto (Mai! Mai! Mai!) con una persona direttamente subordinata, e nelle note spesa si deve rendere conto di ogni centesimo. E non per moralismo, quanto perché il primo comportamento sovverte sia l’equilibrio affettivo e relazionale, sia la corretta funzionalità gerarchica, mentre il secondo rende vulnerabili, in caso di un controllo, alla perdita del lavoro (e se un’azienda vuole licenziare un dirigente – un atto sempre possibile, ma a carissimo prezzo - la prima cosa che fa è passare al setaccio le note spese, alla ricerca di abusi che possano giustificare una rinegoziazione dell’indennità di licenziamento).
E quindi cosa dice questa storia di Delbono? Che era sicuramente un bravo dirigente, un amministratore della regione che è riuscito a portare in cassa somme importanti come finanziamenti, un sindaco che si è in pochi mesi distinto per la voglia di fare qualcosa di serio dopo il quinquennio di letargo cofferatiano, ma che come uomo, come persona, aveva zone d’ombra molto profonde e torbide, se si è lasciato invischiare in un mix indistinto di gerarchia e sesso, di potere e piccoli abusi da 400 euro, a colpi di bancomat, senza riuscire in tanti anni a trasformare una relazione evidentemente importante in un amore da vivere alla luce del sole, senza i lacci, i segreti, i sotterfugi, gli abusi che hanno finito per colorare di giudiziario un comportamento privato, costringendolo alle dimissioni.
E forse nelle dimissioni rapide Delbono ha recuperato qualcosa, ha dato uno schiaffo morale, ha messo la città davanti a tutto (anche se mi resta il dubbio del perché ha accettato di candidarsi, sapendo di avere tanti scheletri nell’armadio: pensava forse, in una società mediatizzata come questa, in cui ogni battito di ciglia viene teletrasmesso in diretta, di poter sfuggire alla verità o – ancora peggio – alla versione distorta della verità che nasce dal pettegolezzo e dal chiacchiericcio?).
Quanto a Cracchi, che dire? Forse su di lei i giudizi sono più difficili da dare. Vittima di un uomo di potere che ne ha fatto il suo giocattolo e l’ha poi scaricata sia sentimentalmente sia professionalmente quando la passione si è affievolita? Oppure donna opportunista che è stata al gioco finché poteva guadagnare, e poi alla fine si è vendicata nel modo più duro?
Forse la risposta è entrambe le cose. La risposta sta nel tirare in ballo un concetto che siamo sempre pronti a dimenticare: che tutto, tutto, tutto, tutto quello che ci succede è nostra responsabilità, o alla peggio co-responsabilità. Che quindi possiamo ballare con il potere, e lasciarci bruciare dalla sua crudeltà, ma siamo entrati nella danza coscienti di a cosa andavamo incontro. Possiamo stare in una relazione segreta e forse avvilente, ma coscienti che esistono due parole alternative, “sì” e “no”, e ogni volta che usiamo l’una o l’altra senza avere una pistola alla tempia stiamo esercitando la nostra personale responsabilità. Possiamo decidere di vendicarci dell’uomo che ci ha tradite, ma sapendo quale prezzo pagheremo. Possiamo accettare del denaro, ma accettandolo saremo corrotti quanto il corruttore. E così via. E questo vale sempre. Per tutti. In questo caso per Cracchi. E per Delbono.
E infine Bologna. La città e il futuro. Perché questa storia apre un futuro incerto, in cui una città che aveva ricominciato a macinare progetti dopo un’amministrazione letargica di cinque anni, si ritrova senza giunta e senza un sindaco possibile.
La mia speranza è che NON si voti con le regionali a fine marzo, ma che si deroghi alla legge che non permette due elezioni nello stesso anno, andando ad eleggere il sindaco a maggio. La mia speranza è che ci siano delle primarie vere, in cui senza tatticismi di partito si cimentino le forze migliori della sinistra bolognese. Senza candidati paracadutati. Senza ricicloni. Senza soluzioni di ripiego.
E magari il prossimo sindaco sarà una donna. Magari giovane. E magari avrà un bambino durante il suo mandato. Sarebbe bellissimo.

19 gennaio 2010

In absentia

Il segnale più inquietante della "crisi" dei blog è forse questo... che la stessa Typepad, l'azienda che gestisce il software di blogging di Nova100, ha inserito nella maschera di avvio una "composizione rapida" che sembra l'interfaccia di Facebook o di Twitter. E in effetti i social network, con i loro mini post immediatamente scrivibili, anche via cellulare, e immediatamente commentabili, rappresentano una evoluzione e una generalizzazione del blog... a tal punto che oltre ai blogger tradizionali che scrivono per un aggregatore come Nova o hanno un blog su Blogger o Typepad, ci sono oggi i blogger "unofficial" di Facebook che scrivono "note" che altro non sono se non pezzi, articoli, racconti, blog senza l'uso del termine blog.

Tutto questo un po' per spiegare la mia assenza da queste colonne, non tanto per impegni di lavoro, quanto perché in effetti i due-tre "status update" che faccio sono circa 7.000 caratteri settimanali, una sorta di blog continuato, in tempo reale.

Ma di idee per questo blog ne ho... stay tuned...



[Titolo]



05 gennaio 2010

Esplorando


The sky above Berlin
Inserito originariamente da Marco40134

A latere sui racconti di viaggi. A latere sui post che parlano di emozioni e percorsi interiori. Un brano di TS Eliot che mi è arrivato per caso.
E che ho provato umilmente a tradurre.

We shall not cease from exploration
And the end of all our exploring
Will be to arrive where we started
And know the place for the first time.
Through the unknown, unremembered gate
When the last of earth left to discover
Is that which was the beginning;
At the source of the longest river
The voice of the hidden waterfall
And the children in the apple-tree
Not known, because not looked for
But heard, half-heard, in the stillness
Between two waves of the sea.
Quick now, here, now, always—
A condition of complete simplicity
(Costing not less than everything)
And all shall be well and
All manner of thing shall be well
When the tongues of flame are in-folded
Into the crowned knot of fire
And the fire and the rose are one.



Noi mai smetteremo di esplorare
E alla fine di ogni esplorazione
Arriveremo da dove siam partiti
E conosceremo quel luogo per la prima volta.
Attraverso il portale sconosciuto e senza memoria
Quando l’ultimo lembo di terra
Che ci resti da scoprire
Sarà ciò che era in principio;
alla sorgente del fiume più lungo,
la voce della cascata nascosta
e i bambini sull’albero di mele
sconosciuti, perché mai cercati,
ma uditi, a malapena, nella quiete
tra due onde del mare.
Svelto, ora, qui, ora, sempre-
Una condizione di completa semplicità
(che costa non meno di ogni cosa)
E tutto andrà bene
E ogni genere di cosa andrà bene
Quando le lingue di fiamma si incurveranno
Nel nodo di fuoco a corona
E il fuoco e la rosa saranno
Una cosa sola.

Cartoline dal Giappone, 2009


Nikko
Inserito originariamente da Marco40134

Ogni storia inizia e finisce con un viaggio, con un andare da un punto A a un punto B e così facendo trasformarsi, traversare le acque, solcare i cieli, vedere il mondo da sopra le nuvole, sotto un altro cielo. Ecco. Anche quest'anno, prima di Natale, sono andato in Giappone, per incontrare gli editori nipponici di fumetti, che concedono al mio editore i diritti per un centinaio di serie manga. Ma anche questo viaggio è stato un momento di trasformazione, di passaggio. Dal punto A al punto B. Soprattutto se i viaggi sono lunghi, una settimana o oltre, non solo stare lontani, in altri contesti, con altra aria, altro cibo, altra gente, ci cambia inesorabilmente, ma anche quello che abbiamo lasciato si evolve: la sofferenza può aumentare o essere lenita, situazioni emozionali di ogni tipo possono nascere o finire , e si crea quindi la realtà parallela di quello che si fa lontano, a Tokyo o Los Angeles, e a quello che fanno a casa gli altri protagonisti della nostra vita.
E con il fuso di mezzo, l'estraneamento diventa assoluto. Ci si risveglia per salutare l'Italia che va a letto, e quando l'Italia si desta, sono per noi le due o le tre del pomeriggio, con i messaggi che si incrociano e il senso del tempo che si perde.

I momenti del viaggio sono stati per certi versi un replay degli anni passati: incontri di rappresentanza o meno con i vari publisher del sol levante, la discussione di titoli da fare, di promozioni da sviluppare, di formati da decidere (e – credeteci – non sono argomenti accademici se pensate che per un Giapponese l'unico modello di affari in editoria è quello loro, e che ogni nostra versione o adattamento viene vista con sospetto se non con ostilità). Tocca quindi spiegare per ore quali motivazioni ci sono dietro ogni richiesta o idea che viene dalla nostra rutilante redazione, solo per sentirsi dire che "non si può fare" dal momento che quel che non esiste nella terra del sol levante non può esistere altrove...


Ci vorrebbe un mediatore culturale a volte per spiegare che cose che in una libreria di Tokyo sono normali diventano infattibili da noi, e viceversa. Invece non ci tocca questa fortuna e ogni incontro è un sottile mix di frustrazione e di diplomazia, di creatività e adattamento. E' un po come dirigere un'orchestra stando in una cabina del telefono, o correre i cento metri con un cappotto addosso.. Si può fare ma immaginate come sarebbe se i lacci e i lacciuoli fossero tolti e si potesse sbizzarrire la fantasia nella riproposizione e nella promozione dei manga...


A latere del viaggio, per la prima vota dopo molti anni, mi sono fermato un giorno in più per esplorare il Giappone e conoscere la sua anima rurale e antica. Così mi sono ritrovato su una specie di littorina che una stazione alla volta mi ha portato a Nikko, nel cuore delle montagne, dell'antica Edo, tra campi innevati e fiumi gelidi, templi secolari con ogni possibile incarnazione del Buddah, e le tre famose scimmiette che non vedono, non parlano, non sentono. E qui sono restato poche ore, lontanissimo da tutto eppure comunque immerso nel mondo, a percorrere sentieri innevati protetti da schiere di buddah incapucciati, o bagnandomi di notte nelle acque bollenti di un onsen all’aperto, sotto un cielo gelido e pieno di stelle, alla ricerca di una luna che non c’era e non c’è.