06 dicembre 2012

Due o tre cose di politica

A volte aspetti un poco e poi ti torna. La voglia di scrivere qualcosa in un blog. Forse perché i 140 caratteri sono un po' pochi, per farsi capire. E quindi, pagina bianca, righe illimitate.

Parliamo un po' di Matteo Renzi. L'ho votato. L'ho sostenuto nei social media. Gi ho dato il mio endorsement (per usare questa parole). E lo rifarei ancora.

Di rado ho visto su un sola persona scatenarsi un putiferio di attacchi come quelli che ha sostenuto lui. "È di destra. È democristiano. È andato a trovare Berlusconi ad Arcore. È arrogante. Vuole sfasciare il PD".

Senza considerare che Matteo è del PD, non l'ha sfasciato (anzi), ha idee di sinistra (sicuramente più liberal rispetto a Bersani, ma NORMALI in un partito europeo di sinistra del XXI secolo) e che la sua discesa in campo ha rafforzato il partito, attirandogli le simpatie anche di gente NON di sinistra (e se vogliamo vincere, di chi vogliamo prendere i voti, dei marziani?).
Senza considerare che la sua piattaforma sui diritti civili, LGBt e non, anche se non ottimale, era quanto di più avanzato visto nel PD da sempre. Contro le posizioni di Bersani, che si segnalò nel 2010 per una posizione contro i matrimoni gay vergognosa, e per non aver mai neppure dato uno spazio effettivo alle istanze del movimento LGBT dentro il partito.
Senza considerare che se non fosse stato per l'invito alla rottamazione non ci saremmo liberati di D'Alema (e speriamo presto, anche della Bindi e di Fioroni e del resto dei beceri catto-oltranzisti di cui è ricco il partito).

Io in Matteo ho visto un cambio di paradigma, ho condiviso i punti del suo programma e della modalità corale con cui l'ha messo in piedi, ho visto il coraggio di una sfida senza precedenti, di uno che ha 10 anni meno di me e che dice "fatevi da parte, avete fallito, tocca a noi guidare il paese". Che è discorso logico, condivisibile, che in ogni paese del mondo avrebbe attecchito, mentre noi si è avuto paura, si è creduto alle favole dell'uomo nero toscanaccio venuto a prenderci tutti per i fondelli, si è preferito un burocrate sessantenne in politica da vent'anni ne flirta con l'UDC e dà spazio alla Bindi. Il vecchio che avanza, insomma.

Quando si sono saputi i risultati del ballottaggio ho twittato alcune cose. La mia preferita resta

Ora in TV @matteorenzi è immenso. Una grande prova di umiltà e di serietà. Sarebbe stato un grande premier. Per un paese migliore di questo.

Ecco, dato per scontato che questo penso di Renzi e continuo a pensare, due-idee-due sulle cose a venire

1) la vera posta in gioco diventa ora la legge elettorale. Se devo scommettere, scommetto che voteremo col Porcellum, che il il centro sinistra farà le primarie per scegliere i candidati (e forse da qui Renzi e i renziani verranno recuperati)
2) non so dire se il PdL farà le primarie o meno. O se SB tornerà in campo. È una situazione alla gatto di Shroedinger
3) media e comunicazione faranno di tutto per ridicolizzare il M5S e ridimensionarlo, esattamente come lo hanno gonfiato finora. Cosa non difficile dato il livello medio di preparazione umana culturale e politica degli esponenti dello stesso.

Ecco qua mi fermo, dato che non sono un politologo, ma solo uno che passava di qui, con due o tre idee in testa, e la voglia di condividerle.

07 aprile 2012

Life after love, in love.


Dusk over Trieste
Originally uploaded by Marco40134.
Che strano tornare al mio vecchio blog, e capire che dopo Twitter, dopo la comunicazione istantanea in 140 caratteri, uno spazio di approfondimento come questo fatica per me a essere funzionale.

Forse perché tendo a essere conciso, a pensare che in poco ci sta tutto. Anche se forse poi non è così.

Descrivere quest'ultimo anno, per esempio, per chi non mi ha seguito su Twitter, non si esaurisce in un tweet solo. Anche se potrei scrivere:

Un anno, un amore, tre traversate dell'Atantico, la Sicilia, la Slovenia, Londra. Cinquemila pubblicazioni (quasi). E cibo e lavoro e ingrassare e dimagrire e chiedermi tutto, dandomi risposte nuove. Ascoltare e parlare. Esserci, o provare a.

E cercare il proprio posto nel mondo... Il luogo dove si è a casa, dove c'è un fuoco a cui tornare, una luce nella notte, il calore, un letto da poco rifatto con le lenzuola che sanno di Marsiglia e lavanda, una gatta che fa le fusa tranquilla, un abbraccio che ti tiene e ti ripara nella notte, mentre fuori possono aggirarsi ogni sorta di fantasmi. Ma tu sei al sicuro. Al riparo. Vivo. Ma tu.

E se il posto nel mondo ce l'avevi e l'hai gettato via? Per infelicità, per follia, per la perdita momentanea del senso per una vertigine distruttiva, per quello che vuoi, ma l'ha buttato via, e ti sei illuso di poter vivere nel mondo, senza un porto fisso, senza un'ancora d'amore, senza un letto solo nostro.
Solo che quella fame d'amore è troppo forte, è la voglia di fare l'amore fino al cuore della notte e anche oltre, di condividere tutto, di cucinare assieme, fare la spesa, e comprare bicchieri di vetro rossi e padelle in ceramica e camminare mano nella mano e addormentarsi vicini e imparare tu la mia lingua e io la tua, io il tuo mondo e tu il mio.

E quindi il posto sulla terra lo cerchi ancora, che sia solo tuo ma aperto anche al tuo amore, cerchi di tornare a essere fuso un'altra persona ma senza perdere te stesso, a imparare a camminare uno a fianco dell'altro, nel mondo.

E dio come è difficile, come è irto di fantasmi. Questa storia odora dello stesso amore, dello stesso tenersi ed essere due bambini impauriti nel mondo e contro il mondo, che giocano a fare i grandi, odora dei pomeriggi d'estate in campagna e della cucina pregna di aromi nei sabato d'inverno. Sa del sale sulla pelle dopo un bagno, di un'attesa in aeroporto, di una notte tutta e solo di parole e di rabbia e di riconciliazione.

E allo stesso tempo, tutto è diverso. Sorvoli un altro territorio. Conosci altri sapori. Cucini altre cose, timidamente, forse goffamente, ma che sfamano ogni appetito, Le risposte sono diverse. Il gioco degli specchi ti riporta altre immagini. E' un gioco di musica, di canzoni, è la giovinezza, è la luce a nordest, è ballare a un concerto, è imparare a non avere paura, a essere condotto e condottiero, maestro e allievo. È la casetta verde davanti a casa tua, sono i ponti, le frontiere, i fiumi, che abbiamo attraversato assieme. Magari fermandoci a gettare via qualcosa, simbolicamente, uno scontrino del passato ormai non più rimborsabile, scaduto, che scompare nel vento, una sera, mentre ti tengo per mano.