28 settembre 2011

Sopra il cielo

Photo by BenODen http://www.flickr.com/photos/benoden/
E ascolto i REM e metto la telecamera dell'aereo sul video e resto ammutolito davanti all'oceano che diventa terra e nuvole sovrapposte alla terra che sono il suolo temporaneo di questa corsa da 6000 miglia. Prima, a metà viaggio, c'è stato un momento di tempesta e l'aereo ha ballato e nonostante le 23 gocce di En tremavo tutto, tremavo dentro e ho stretto le mani della persona che amo e non ho avuto paura non ho detto preghiere sono stato sospeso in uno di quei momenti in cui tutto dentro è possibile e fai un salto di consapevolezza e dici "vivi".
Io vivo e Sergio non c'è più e conto le volte che l'ho incontrato e quanto poco sapessi di lui e lui di me, ma mi sentivo un po' figlio suo. In modo omeopatico, ma sì.
Chi un padre non ce l'ha avuto, non davvero, non come conta, le figure paterne o le cerca e le idolatra o le fugge,le svilisce, ne diffida. Io sono sempre stato sospeso tra le due cose, un gatto di Heisenberg emozionale. E con Sergio, per quei minuti delle volte che l'ho incontrato, quelle ore, forse, nei primi anni '90, mi sono lasciato guardingamente ammansire, soverchiato dal rispetto, dalla statura morale, dal genio di cui non potevo che sperare di essere apprendista di serie C.
Per questo, ora, piangendolo, penso ai giornalini di Zagor che divoravo da ragazzino, ai Nathan Never ai Dylan Dog. Ma sono personaggi, storie, per definizione, immortali, che leggeranno i figli dei nipoti dei nostri nipoti su chissà quale supporto olografico alta definizione 3D. Io piango l'uomo, quel poco, pochissimo, infinitesimo brandello di uomo che ha toccato la mia vita, facendomi pensare tante volte "a 80 anni voglio fare ancora i fumetti e farli come lui" ben sapendo che quel tipo di editoria, di imprenditoria che sovverte il business con il cuore e vince proprio grazie al cuore, non ha quasi diritto di cittadinanza nel 21esimo secolo e che Sergio è stato l'ultimo o uno degli ultimi gentleman del fumetto, che vedeva gli albi come storie, come la creazione del sudore e del sangue di autori e disegnatori, e non come numeri in un tabulato, con un segno + o - al fianco.
Un'editoria ancora pura, che si sostiene con le copie vendute, con l'amore dei suoi lettori, ricorrendo poco o nulla a merchandising e multimedia. Si sostiene con la qualità e con la pazienza, con il nerbo degli uomini e delle donne che la creano. Con l'amore di chi la legge. Un'editoria che nel ricordo di Sergio in qualche modo sopravviverà, adattandosi ai tempi, venendo a patti con il presente, ma ci sarà. Per lui. Per noi. Per la nona arte che chiamiamo nostra e che riempie di sogni i nostri sogni. Oggi. Sempre.
Addio, Sergio. Vivo. Vivi.


01 febbraio 2011

Ogni cosa è illuminata (cit)


The view from my window
Inserito originariamente da Marco40134

Mentre il treno percorre la campagna francese, da Angouleme a Poitiers e poi oltre a nord, verso Parigi, con Ora di Lorenzo nelle orecchie. Guardo l’orizzonte e la leggera foschia dei giorni della merla, di un luminoso gennaio di inizio decennio , e penso e mi lascio guidare dalla musica e dalle parole.

Sono mesi che non bloggo. Il blocco del bloggatore. Eppure scrivo. Su twitter, soprattutto. Continuamente. Dico la mia, faccio la telecronaca dei miei passi, e duetto e cinquetto con amici e amiche virtuali e/o reali, o un po’ tutti e due le cose.

E se ci si abitua a dire tutto in 140 caratteri ti viene quasi il panico davanti al foglio di Word bianco, in cui di caratteri puoi metterne 1.000 o 10.000 o 100.000. Argomento: quello che vuoi tu. Scadenza di consegna; nessuna.

Oggi, nella pianura, a mille chilometri da casa, a trecento chilometri all’ora (e quanti al secondo?), cose e idee in ordine sparso.

Un periodo di lavoro intenso, un’onda di progetti che si espandono su ogni latitudine e tema, la sensazione di non avere abbastanza ore nel giorno per fare quello che devo e quello che voglio, e mi limito quindi a quello che posso, giostrandomi tra riunioni, chiamate, e-mail, presentazioni, proposte, business plan. Per un fumetto che diventa sempre più globale, trasversale, trans mediale.

Molto lavoro sui fumetti digitali, su quelli che scaricheremo da iTunes, o dalla rete, ed è un lavoro improbo e difficile. Il fumetto è un’esperienza totale, tattile, persino olfattiva. Tutti ci dicomo “go digital”, e ci si imbarca in un percorso difficilissimo per temi di licensing e diritti, in cui moltissimi autori o editori rifiutano il passaggio al digitale (ignorando il fatto che –piratati – ci sono online quasi tutti i fumetti del mondo).
E non parliamo di iTunes che applica la morale puritana americana a tutto, obbligandoci a censurare qualsiasi centimetro di pelle nuda o a escludere a priori dal nostro sistema qualsiasi fumetto un seno nudo (e sono un bel po’!). O del fatto che un fumetto online (o un libro) sia considerato un prodotto multimediale e non editoriale, con IVA al 15% anziché quella ridotta che si paga per giornali e pubblicazioni.
E questo percorso a ostacoli per poi andare a creare applicazioni che incassano qualche DECINA di euro al mese, o anche meno, ma con l’idea di una crescita esponenziale nei prossimi anni.
Alla quale sono il primo a credere, ma solo se si riuscirà (come?) a frenare la pirateria che ha distrutto alcuni settori dell’audiovideo, stremato l’industria musicale, e potrebbe anche modificare (e ridurre) la produzione fumettistica, finché almeno non si tratteranno i downloaders illegali come i delinquenti che sono (se rischio l’arresto per il furto di un libro in libreria, perché si tollera il furto di contenuti solo perché dematerializzati e digitali? Sempre furto è).

E sempre in tema di lavoro, decido di fare di nuovo il redattore di una collana, dopo quindici anni di assenza, e torno a curare un mensile, i FANTASTICI QUATTRO. Un po’ per caso e un po’ perché negli anni ’90 era una delle collane più vive con un traffico di corrispondenza coi lettori (cartacea all’epoca) davvero da brivido. E poi viene l’onda di notizie sul fatto che i USA si è deciso di ammazzare uno dei quattro, e il mensile dei FQ da collana un po’ di secondo piano diventa una di quelle da non perdere, con le storie iperscientifiche, quantistiche, universali di Jonathan Hickman, scrittore indy reclutato per rilanciare la più antica collana Marvel con un’infusione di nuove idee, personaggi, situazioni. Decido di metterci dentro come appendice anche SHIELD, l’altra collana di Hickman, dedicata alla storia segreta del Marvel Universe: protagonisti Leonardo Da Vinci, Galileo, gli antichi egizi, Nostradamus: una serie imprevedibile e originale, che parla dell’architettura alchemica e matematica, dell’elemento umano e super umano nella macchina, che l’autore sta intessendo in tutto quel che scrive.

Fuori dal lavoro, un altro anno, un altro decennio. Passi che si muovono, parole, nella corrente o controcorrente. Aspettare l’alba e guardarne i colori. Fotografare il mio viso che a volte è stanco e a volte no, con la barba che si allunga e si accorcia a seconda del tempo che ho per passare dal barbiere, con gli occhi che parlano e dicono sì, no, forse, ascolta, ti prego, ti amo, ciao, addio, a seconda.

Senza contare i passi, libero sotto le nuvole.