29 marzo 2007

Death of Captain America


Death of Captain America
Originally uploaded by mheld.
Dal momento che un lettore mi sfida a farlo, vi dico la mia sulla morte di Capitan America. Cap è da sempre uno dei miei preferiti, se non proprio il mio preferito... un uomo che simboleggia non gli Stati Uniti come sono, ma come dovrebbero essere. Le storie di Cap di Lee e Kirby, di Steranko, di Colan, di Romita, di Zeck, di Garney, di Cassaday... sono tutte capitoli straordinari della storia della Marvel.
Adesso Cap è morto, anche se nelle storie italiche ancora non si vedrà per parecchi mesi, e se volete il mio commento... vi dico solo che la morte come elemento di dramma e di rilancio di un personaggio è un abile strumento nella composizione di fiction dei nostri amati comics. Nel caso di Cap, mi sembra fatto tutto con grande efficacia, grande forza, grande talento (non ho ancora letto la storia, ma non vedo l'ora che ci arrivino le campionature dagli USA). Che poi si tratti di una morte "vera" o di un "espediente", ancora non lo so, ma dalla quantità di albi e speciali dedicati a questa dipartita mi viene da pensare che non si tratti proprio di una scomparsa temporanea. Ai posteri l'ardua sentenza...

28 marzo 2007

Voice of the fire


E' un periodo davvero intenso, di lavoro, studio, yoga, passaggi in campagna, ore di TV e cinema di qualità (o meno), giri frenetici su internet, luculliane cene aziendali. Ne sta soffrendo un po' il blog, ma dopo tutto, se uno non FA delle cose, poi di cosa scrive?
Dall'ultimo mio intervento, l'highlight del periodo è stato un lungo week end a Titignano, in Umbria, una sorta di corso di richiamo del mio percorso nella psicoterapia gestaltica iniziato lo scorso autunno.

Nonostante la pioggia, il freddo, e la partecipazione ridotta (meno di 40 studenti, contro i 100 di novembre), è stato davvero bello e intenso. Rivedere gli amici del corso, lavorare tutti assieme, nei percorsi tortuosi della mente, attraverso argomenti pregnanti come i nodi e i legami della vita, la polarità che contrappone distacco e fusione, le mille trappole del nostro carattere. E attorno, come sempre, le valli, il lago, gli alberi, le colline, di quella zona incastonata tra Umbria e Toscana, quando il navigatore si perde nel verde, e la macchina è solo un triangolino nero, senza più strada, sospeso sullo schermo.

Qua in Emilia, da segnalare STILL LIFE, film visto stasera, film cinese premiatissimo e osannatissimo. Devo dire che non amo troppo la cinematografia cinese, a volte troppo estetizzante, e di poca sostanza narrativa. Questo film - in quanto a estetica - non ha niente da invidiare a nessun altro: ogni scena sembra un quadro, una coreografia, e il paesaggio, il clima, le luci, sono orchestrate magistralmente dal regista, che gioca con il brutto e lo squallido recuperandone la magia, il fascino surreale. Film ben riuscito, quindi, ipnotico quasi, che tocca tutte le corde, da vedere.

20 marzo 2007

What's going on


Qualche appunto sugli avvenimenti degli ultimi giorni.

A Bologna si è tenuto BilBolBul, il primo festival del fumetto della città. Invece di una fiera vera e propria, con una mostra/mercato e qualche evento di contorno, è un agglomerato fitto fitto di incontri, dedicaces, vernissages, ed esposizioni, su tutto il tessuto urbano. Io sono stato solo all'inaugurazione della mostra di Magnus in pinacoteca il giovedì, alla serata del venerdì con Leo Ortolani, con la prima del film di Rat-man, seguita dalla feste all'Arteria dedicata a Self Comics. Applausi di cuore ad Hamelin, gli organizzatori del festival: questa città aveva bisogno di BilBolBul come un assetato ha bisogno di acqua dopo la traversata del deserto.

A Bologna e province limitrofe vivono decine e decine di artisti e operatori del mondo dei comics, forse centinaia, nonché migliaia e migliaia di appassionati, ma finora non avevamo avuto una manifestazione nostra, un punto di incontro collettivo, e avevamo dovuto fare i nostri pellegrinaggi periodici a Lucca, Napoli, Milano, Roma, persino a Mantova. A BilBolBul ho trovato gente che non vedevo da anni, c'era il who's who del fumetto emiliano, e non solo, nessuno escluso. Ho potuto chiacchierare con Toffolo, salutare Luca Boschi e Vittorio Giardino, prendere un vodka lemon con Gipi, rivedere gente che non vedevo da un lustro, assistere a una mostra increbibile e ricchissima come quella di Magnus.
Figuriamoci poi la serata Rat-Man, con un centinaio di spettatori lasciati fuori, la sala piena, applausi scroscianti, oltre 60 minuti di animazione ortolaniana inedita e l'annuncio, scontato, ma non troppo, che sarà Panini a distribuire i dvd della serie di Rat-man.

Peccato non aver partecipato agli eventi del sabato e della domenica, ma dopo una settimana di lavoro fittissimo (non solo grazie a Bilbolbul, ma anche a una serie di lunghe negoziazioni che finalmente sono arrivate a compimento in questi giorni), avevo solo bisogno di Bellisola, di aria, di vento, e di una incredibile giornata di trekking tra laghetti, canneti, caprioli e prati, in ottima compagnia, seguita da the davanti al caminetto, musica, chiacchiere, mentre il tramonto incalzava.

12 marzo 2007

Cose sentite


l'attesa
Originally uploaded by francesco.cordio.
Sono usciti i nuovi CD di alcuni dei miei artisti preferiti, e me li sono comprati in tempo reale: Daniele Silvestri, Faithless, Jay Jay Johanson, Air.

In tutti e 4 i casi si tratta di gruppi o solisti che apprezzo a tal punto di comprare ogni loro nuovo disco a scatola chiusa, senza leggere recensioni o preascoltarli (il che mi fa sembrare un dinosauro o un folle, considerate le modalità di fruizione –ehm- della musica oggi).
Mi sono tutti piaciuti, con qualche distinguo.

Pocket Simphony, degli Air, sembra più strumentale e meno innovativo dei CD precedenti, anche se conferma la maestria del gruppo francese.

To all new arrivals dei Faithless è ottimo, anche se un pelino inferiore all’ipnotico No roots, o come dicono alcuni, un pochino più “subtle”.

JJ Johanson, che forse non tutti conoscono, è un giovane ed esile “crooner” svedese, che canta una fusione di jazz vecchio stile ed elettronica, con testi molto malinconici. Quest’album è un po’ un ritorno alle origini, decisamente superiore ai precedenti, e vi consiglio la mia canzone preferita, Tell me when the party is over, che è un po’ un’apoteosi di “romanticismo negazionista”.

Un discorso a parte merita Daniele Silvestri. Non credo di avervene parlato mai, ma sono un fan sfegatato dell’autore di Salirò, una di quelle passioni irrazionali che si addirebbero più a un sedicenne che a un quarantenne. Il suo Uno Due, uscito nel 2002, l’ho ascoltato fino alla nausea, è uno di quegli album in cui ogni canzone ha una storia e vive nelle storie di chi l’ascolta. L’album del 2007 è a un gradino più in basso, almeno dopo i primi 10 ascolti, ma Il suo nome, Gino e l’alfetta, Mi ricordi il mare, sono nella migliore tradizione silvestriana, e svettano sul resto. Insomma, un bel disco, ma sono tutto tranne che imparziale.

Cose viste


Qualche piccola nota...

BORAT: don’t bother. Non so se era colpa del doppiaggio, o che, ma veramente non mi è piaciuto. Volgare e scontato. Che abbia vinto un golden globe è un miracolo della termodinamica.

SATURNO CONTRO: l’ho visto con entusiasmo, e mi aspettavo grandi cose. Ozpetek mi è sempre piaciuto, soprattutto ne LA FINESTRA DI FRONTE e per certi versi ne LE FATE IGNORANTI. Questo nuovo film non è male, va visto, ma possibile che Ozpetek continui a cannibalizzare se stesso riprendendo incessantemente gli elementi dei suoi film precedenti: il gruppo di amici come struttura di supporto migliore della famiglia tradizionale, la difficoltà di conciliare aspirazioni e realtà, ma soprattutto, la morte come unico vero momento di cambiamento e di catarsi dei suoi personaggi?
Ci sono dei film alcuni momenti memorabili, come le scene all’obitorio, subito prima e subito dopo la morte di uno dei protagonisti, o anche tutte le scene con Ambra, che si rivela straordinaria come attrice (anche se bisogna dire che interpreta fondamentalmente se stessa), o la scena d’amore tra Accorsi e la sua amante, tutta suggerita. Molti punti però sembrano solo una patinata soap opera italiana, ironicamente più “con gli occhiali rosa” di tante puntate della ben più crudele Un posto al sole.

24, QUARTA STAGIONE
Lo so, sono in ritardo, su FOX stanno già dando la quinta, ma credo 24 si veda bene solo in maratone di 6-7 puntate alla volta, e non è facilissimo conciliare performance di questo tipo con la normale vita di tutti i giorni. Ho visto quindi da poco la seconda metà della quarta serie, e anche se ci sono i soliti incredibili salti di “sospensione dell’incredulità” senza i quali non sarebbe per nulla fruibile, è sempre una delle cose migliori che sforna la TV americana. Può piacere o meno, ma è un genere a sé, uno “spionistico adrenalinico fantapolitica e fanta-tecnologico in tempo reale”, inimitabile.

DESPERATE HOUSEWIVES, TERZA STAGIONE
E’ iniziata su FOXLIFE, e a me viene solo in mente lo slogan della più recente epopea di Spider-Man: BACK IN BLACK.
'Nuff said…

07 marzo 2007

12 cose che si possono fare in 22 ore


1) fare un'ora di fila al controllo passaporti con una gigantesca giacca termica sotto il braccio e 30 gradi di temperatura, sudando come un ossesso
2) lasciarsi guidare nella notte di Città del Messico, tra traffico impazzito, rotonde a senso unico alternato, agenti delle assicurazioni che in moto girano per le strade alla ricerca di incidenti per cui fare delle constatazioni amichevoli
3) scendere in un albergo anni '70, stile dolce vita tropicale, con un numero di portantini e inservienti genere fine dell'impero
4) bere margaritas al tamarindo come aperitivo con la banda di mariachi che come da copione intrattiene una coppia nello sfondo di un locale "tipico"
5) mangiare frijoles che sembrano marmellata, e carne con salsa di pomodoro verde, piatti con nomi sconosciuti e mai visti;
6) bere margaritas al lime in bar extralusso dove il jet set messicano pensa che sia cool passare alle ore piccole in giacca e cravatta a fare i cascamorti con improbabili bionde che paiono escort borderline.
7) dormire profondamente, come perduto nei fusi orari, nei cambi di aereo, tra un continente e l'altro, una lingua e l'altra, finendo finalmente nel luogo dove la parola svanisce e solamente si è
8) fare colazione guardando in TV messicani che praticano lo yoga, assorbire e ascoltare questa lingua che è spagnolo senza essere spagnolo, con le sue aspirazioni, i suoi arcaismi, e la tentazione di tradurre continuamente tutte le discrepanze lessicali, rincorrendo le parole in una matrice che attraversa i secoli e gli oceani.
8) visitare edicole con pochissimi fumetti e negozi di fumetti monomarca davvero tristi, dove si vendono solo i comics di uno degli editori messicani
9) assistere a una delle manifestazioni quotidiane di campesinos sul viale insurgentes, con tanto di cavalli, pannelli e tende di campagna
10) andare in giro tra viali e stradine, sotto alberi tropicali e un cielo terso come l'acciaio, sotto bandiere gigantesche, superando sculture d'arte moderna, e un misto di architerrura moderna e arcaica, minimale e macroscopica
11) parlare con un tassista del senso della vita e di come le stagioni non siano più quelle di una volta
12) comprare un litro di tequila al duty free, per poi farsela sequestrare ad Amsterdam, dato che negli aeroporti (cosa poco nota) si può circolare solo con liquidi presi in duty free comunitari

E poi, tornare a casa.

02 marzo 2007

22 ore a Mexico City


Dubito sia possibile passare meno tempo in questa città, fatta salva una qualche sosta lampo in transito per l'aeroporto.
Le ventidue ore sono precedute da altre cinque di volo tra New York e Città del Messico, a bordo di un fiammante Boeing 737-800 nuovo di zecca della AerMexico. Il vento è forte per tutto il percorso, turbolento, non spengono mai il segnale di allacciare le cinture, e così, come sospeso a 10.000 metri, senza nulla da leggere per una strana voglia di non comprare libri in questi giorni, in aereo leggo la terra e il cielo, non lascio mai lo sguardo dal finestrino, con l'ipod a manetta con gli Air, Jay Jay Johanson, R.E.M. e assortimento vario di electronica. Vedo scorrere i campi innevati degli stati a sud di New York, mi perdo nelle anse del Mississipi, nei frattali di laghetti e pozze d'acqua, e quando finalmente tocchiamo il Golfo del Messico, e ne percorriamo la costa per parecchi minuti, rimango sbalordito nel vedere le terra mescolarsi al mare, come infinita dita sabbiose che si intravedono dall'alto, a volte sotto il pelo dell'acqua, a volte sopra, a creare istmi, isolotti, protuberanze terrose, a volte disabitate, altre con strade, strutture, vita. E sopra la geografia della terra, quella del cielo, con panorami di nuvole incredibili, di ogni forma e colore, a volte fiocchi, altre cumuli, cirri. A un certo punto vedo ovunque degli sbuffi, sembrano incendi, ma sono solo nuvole che il vento modella a cuneo, come fossero tantissime esplosioni di vapore acqueo.

Poi, sul golfo del Messico, le nuvole si fanno spesse. Quasi non vi vede più il mare. A un certo punto, le nubi si aprono come un sipario, torna l'acqua, si dovrebbe ormai vedere la terra, mancano 40 minuti all'arrivo, guardo avanti e vedo un altro cumulo di nubi, e che ,spicca tra loro, la cima di una montagna altissima, una specie di colosso primordiale, la prima in tutto il viaggio, che sembre dire... Bienvenido a Mexico... Le nuvole si diradano, si intravedono montagne verdi e colline, poi la terra si sgobra da nubi, ci sono campi, coltivazioni, case, e poi, dietro altre colline, questa immensa distesa urbana chiamata Ciudad de Mexico...

(1-continua)