07 aprile 2012

Life after love, in love.


Dusk over Trieste
Originally uploaded by Marco40134.
Che strano tornare al mio vecchio blog, e capire che dopo Twitter, dopo la comunicazione istantanea in 140 caratteri, uno spazio di approfondimento come questo fatica per me a essere funzionale.

Forse perché tendo a essere conciso, a pensare che in poco ci sta tutto. Anche se forse poi non è così.

Descrivere quest'ultimo anno, per esempio, per chi non mi ha seguito su Twitter, non si esaurisce in un tweet solo. Anche se potrei scrivere:

Un anno, un amore, tre traversate dell'Atantico, la Sicilia, la Slovenia, Londra. Cinquemila pubblicazioni (quasi). E cibo e lavoro e ingrassare e dimagrire e chiedermi tutto, dandomi risposte nuove. Ascoltare e parlare. Esserci, o provare a.

E cercare il proprio posto nel mondo... Il luogo dove si è a casa, dove c'è un fuoco a cui tornare, una luce nella notte, il calore, un letto da poco rifatto con le lenzuola che sanno di Marsiglia e lavanda, una gatta che fa le fusa tranquilla, un abbraccio che ti tiene e ti ripara nella notte, mentre fuori possono aggirarsi ogni sorta di fantasmi. Ma tu sei al sicuro. Al riparo. Vivo. Ma tu.

E se il posto nel mondo ce l'avevi e l'hai gettato via? Per infelicità, per follia, per la perdita momentanea del senso per una vertigine distruttiva, per quello che vuoi, ma l'ha buttato via, e ti sei illuso di poter vivere nel mondo, senza un porto fisso, senza un'ancora d'amore, senza un letto solo nostro.
Solo che quella fame d'amore è troppo forte, è la voglia di fare l'amore fino al cuore della notte e anche oltre, di condividere tutto, di cucinare assieme, fare la spesa, e comprare bicchieri di vetro rossi e padelle in ceramica e camminare mano nella mano e addormentarsi vicini e imparare tu la mia lingua e io la tua, io il tuo mondo e tu il mio.

E quindi il posto sulla terra lo cerchi ancora, che sia solo tuo ma aperto anche al tuo amore, cerchi di tornare a essere fuso un'altra persona ma senza perdere te stesso, a imparare a camminare uno a fianco dell'altro, nel mondo.

E dio come è difficile, come è irto di fantasmi. Questa storia odora dello stesso amore, dello stesso tenersi ed essere due bambini impauriti nel mondo e contro il mondo, che giocano a fare i grandi, odora dei pomeriggi d'estate in campagna e della cucina pregna di aromi nei sabato d'inverno. Sa del sale sulla pelle dopo un bagno, di un'attesa in aeroporto, di una notte tutta e solo di parole e di rabbia e di riconciliazione.

E allo stesso tempo, tutto è diverso. Sorvoli un altro territorio. Conosci altri sapori. Cucini altre cose, timidamente, forse goffamente, ma che sfamano ogni appetito, Le risposte sono diverse. Il gioco degli specchi ti riporta altre immagini. E' un gioco di musica, di canzoni, è la giovinezza, è la luce a nordest, è ballare a un concerto, è imparare a non avere paura, a essere condotto e condottiero, maestro e allievo. È la casetta verde davanti a casa tua, sono i ponti, le frontiere, i fiumi, che abbiamo attraversato assieme. Magari fermandoci a gettare via qualcosa, simbolicamente, uno scontrino del passato ormai non più rimborsabile, scaduto, che scompare nel vento, una sera, mentre ti tengo per mano.