31 agosto 2006

Giornata di fuoco


Programming
Originally uploaded by Marco40134.
E' finita la giornata di editorial retreat, con tanto di cena in agriturismo, per molti versi la fotocopia dell'anno scorso. Di diverso c'è stata la presenza della new entry Simon Bisi, e che i temi erano così tanti (Marvel, Civil War, Virgin, Annihilation, i fumetti autoprodotti...) che in circa nove ore di riunione non siamo riusciti a farci stare proprio il 100% delle cose da discutere. Il momento più cruciale è stata la mappatura della programmazione delle coedizioni, fatta come al solito con post-it e una lavagna di carta. Nella foto, un dettaglio della lavagna... in uno dei tanti "stati quantistici" di approssimazione in cui è stata oggi pomeriggio.

29 agosto 2006

Scampoli d'agosto


Qualche pensierino di fine agosto...
Questa settimana è una delle più divertenti dell'anno (**), dato che si stendono i programmi editoriali 2007. Quelli manga sono pronti da inizio mese, a parte un paio di titoli ancora in predicato e un paio ancora da scegliere. Nel complesso, un bel programma, in cui FMA, Naruto, Death Note (e non solo...) la faranno da padrone, con alcune interessanti novità del genere sbudellamenti-violenza-sangue orrore e raccapriccio (un nostro cavallo di battaglia).
Ieri con il buon Andrew abbiamo impostato l'ex Cult Comics, anno 2007, davvero nutrito nonostante la conclusione di KEN PARKER COLLECTION, grazie all'iniezione di Virgin, Bone a colori, C.S.I. e al rilancio di Top Cow.
Ma il piatto forte sarà domani l' editorial retreat estivo, con tutti gli editor e i coordinatori Marvel di Italia, Francia, Spagna e Germania, da mattina a sera, a parlare di come distribuire il mare magnum di titoli della Casa delle Idee che ci terranno in compagnia l'anno prossimo. Continua a farmi impressione anche dopo vent'anni pensare adesso a quali saranno le strenne natalizie del 2007, ma così va il mondo, così è il meccanismo dell'editoria.
Per prepararmi, nel fine settimana mi sono fatto una full immersion Marvel nella campagna di Bellisola, leggendomi almeno un centinaio di uscite USA recenti, e mettendomi in pari praticamente con tutto, con un'indigestione di Fossati e Cantuaria nell'iPod.
Scoperte piacevoli: gli X-MEN di Brubaker e Tan, versione cosmica; l'ottima miniserie di NOVA all'interno di ANNIHILATION, la serie di Pantera Nera che ha un suo che anche dopo la partenza di Romita JR, la miniserie di STORM.
Continuano a livello stellare FANTASTIC FOUR. MOON KNIGHT, PUNISHER, DAREDEVIL, CAPTAIN AMERICA, e - se devo menzionare UN titolo - RUNAWAYS, ma anche sotto queste vette la media Marvel non è mai stata così alta. A domani o dopodomani per altri dettagli...

(**) in more ways than one

28 agosto 2006

In the beginning - 3 di ?


Prima di passare al periodo successivo, agli anni delle medie e delle superiori, e alla trasformazione di quella che era una passione in un'attività para-professionale prima e professionale poi, lasciatemi dire qualcos'altro su quegli anni, sullo scorcio di '70 "pre rivoluzione televisiva" nella quale si sono formati i miei interessi e - presumo - quelli di una buona fetta di voi lettori.

Erano anni della prima e della seconda rete, di Carosello (e dell' "a letto dopo"), della TV DEI RAGAZZI, dello Zecchino d'Oro, del mondo in bianco e nero. Proprio perché la TV adatta a un bambino era così poca, quella che passava il convento era un nettare, era contare i giorni per aspettare la puntata successiva di Sandokan, Supergulp o Spazio 1999, guardare con il fiato sospeso Pippi Calzelunghe, UFO Attacco alla Terra, The Prisoner, Belfagor, A come Andromeda, Ettore Fieramosca, Gianni e il Magico Alverman, ma anche accontentarsi di un qualsiasi Braccobaldo, Jonni Quest o Scooby Doo. Ricordo anni di frustrazioni perché il momento migliore della settimana era la domenica pomeriggio, con i film di Tarzan o UFO, e i miei insistevano per trascinarmi invece nelle loro attività educative tipo andare a mangiare la fiorentina a Tolé (un supplizio) o a giocare a carte al "Pescatore", la villa degli amici di famiglia, nella quale almeno c'era un televisore dal quale ricordo di aver sbirciato più di un episodio di Mr Magoo, uno dei miei illogici ma assoluti amori infantili.
Le mie passioni massime? Ovviamente Supergulp, e al secondo posto Spazio 1999, che andava in onda il sabato sera in seconda serata e di cui ho comprato persino i libri fotografici della Mondadori, e la cui venerazione sfociava nel maniacale. Terzo, Sandokan, di cui conosco ancora a memoria la sigla, registrata mettendo al fianco della TV un registratore a cassette. Ovviamente mi piaceva il fantastico, l'avventura, la fantascienza, i gialli. Bastava che ci fosse un qualsiasi elemento di "dramatic fiction" ed ero pronto ad entusiasmarmi. Non mi prendeva la comicità, anche se ricordo una rassegna di film di Chaplin che mi fece conoscere in sequenza tutta la filmografia del grande regista. Gli show mi lasciavano indifferente, anche se ricordo con nostalgia Tante Scuse, con Vianello e la Mondaini che nella sigla uccidevano i Ricchi e Poveri, ogni volta in modo diverso.

Erano anni poveri, televisivamente parlando, con pochi programmi degni d'interesse, ma proprio perché erano pochi, inebriavano quasi, e in un'Italia pre-Austerity o post-Austerity, dove l'orizzonte per me (e per molti) non andava oltre Bologna, l'Appennino e l'Adriatico, permettevano di evadere radicalmente e passare qualche ora sulla Luna, o a Londra, o nella foresta africana.

Nel resto del tempo libero (ed era tanto, il tempo libero, allora) ero un lettore inveterato, anche se in maniera anarchica: avevo tutti i libri di Verne, e li leggevo a ciclo continuo, ma di Salgari avevo solo Il Re Dei Mari, il penultimo del ciclo di Sandokan, credo, e penso di averlo letto cinque o sei volte. Il fatto era che leggevo con tanta rapidità che avrei avuto bisogno di due-tre libri alla settimana, e dal momento che questa sembrava un'esigenza inconcepibile per un novenne, dovevo accontentarmi dei pochi libri che avevo, e leggerli in loop. Le cose migliorarono un poco quando arrivarono i primi libri per ragazzi in edizione economica, gli Oscar Ragazzi, o l'analoga versione BUR, per non parlare dei Gialli per Ragazzi, con gli Hardy Boys e Nancy Drew, che mi sbafavo in due-tre ore l'uno. Solo al liceo avrei scoperto la bellezza delle biblioteche pubbliche, che permettono di sbizzarrirsi senza limite, ma nel frattempo era finita l'epoca dei lunghi pomeriggi di ozio infantile. Se dovessi dire quale dei tantissimi libri per ragazzi mi è rimasta più impressa avrei solo l'imbarazzo della scelta, anche se indubbiamente a Peter Pan sono collegati alcuni dei ricordi più nostalgici.

Infine, e con questo chiudiamo il capitolo, oltre a leggere come un pazzo, all'epoca scrivevo e inventavo come un pazzo (si potrebbe dire che non ho mai smesso...). Nei primissimi anni delle elementari avevo un mio giornalino settimanale, otto-dieci pagine su fogli da quaderno. Si intitolava IPPY E GLI ALTRI PERSONAGGI. Ippy, un coniglio azzurro sposato con la pecora Marisa, prendeva il nome dagli hippies, i trasgressivi figli dei fiori, di cui avevo sentito parlare e che chiaramente mi affascinavano massivamente. GLI ALTRI PERSONAGGI erano i vermi Toc e Rina, lo scheletro Ugo con la sua fidanzata scheletressa, e tutto un piccolo ingenuo pantheon di personaggi zoomorfi che nascevano dalle letture di Topolino e da quelle di Atomino di Marcello Argilli (un premio a chi sa dove era pubblicato...). Notare che ogni numero aveva colophon ("una pubblicazione di FLE, FRATELLI LUPOI EDITORI"), pagina della posta, rubriche, anteprima del numero seguente, come un gionalino "vero", e siccome ero certo che li avrei un giorno pubblicati, avevano data di copertina postdatata, tipo "sabato, 13 aprile 2002". Una volta terminato il ciclo IEGAP, rendendomi conto che non sapevo per niente disegnare, iniziai ad INVENTARE fumetti. Me ne stavo, soprattutto d'estate, per ore a fantasticare, palleggiando o - cosa ancora più inquietante - a sbattere con un bastone per terra, quassi dovessi trasformarmi in Thor. In quei pomeriggi di sole e di invenzioni mi creavo i miei super eroi personali, come credo abbiano fatto il 100% dei lettori di comics, e immaginavo le loro avventure, scrivendone i titoli in lunghi elenchi su quaderni. Esatto, non scrivevo le storie, ma solo i loro titoli (iniziando a sviluppare la mia passione per questa microarte, che forse traspare anche da questo blog). Pensavo ingenuamente che bastasse l'elenco dei titoli a farmi ricordare anche le storie, che invece sono state cancellate dal tempo e di cui non ricordo nulla, se non qualche nome di personaggio: Volter, Sexta, l'Uomo Cristallo e Aquafresh (sic) del gruppo dei Liberatori, e poi la grande saga "in solitaria" di Wonder Boy, il ragazzo meraviglia.

Negli anni successivi anche questa smania creativa si sarebbe trasformata, con l'ingresso nel mondo del fandom.

3- continua

24 agosto 2006

Back to base



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Si rientra alla base, a Bologna, al lavoro, e sono giorni dolci, in cui si lavora tantissimo, ma senza le chiamate ininterrotte e i casini che nei periodi normali assillano. La luce è bella, e fa caldo, ma non troppo, che quasi si potrebbe spegnere l'aria condizionata, in ufficio. Certo, è tutto chiuso, si può andare a pranzare solo alla mensa degli operai Meta o in qualche baracchina abbarbicata al fianco del parco Ferrari. Ci sono da mangiare i frutti dell'orto di mia madre, zucchine, pomodori, prugne, e soprattutto fichi dolcissimi, assieme al jamon iberico portato dall'Andalusia. Alla sera, per portar fuori amici spagnoli per la prima volta in visita in Italia, scopro il migliore locale per crescentine e tigelle di Bologna, sentito dire e favoleggiato, ma mai visitato in 41 anni: La Baracca, stile valtellinese subito fuori Zola, per cucina tipicissima e tigelle, crescentine, squaqquerone, lardo, sottaceti. In quattro si spendono cinqunta euro e trenta cent, un regalo di questi tempi, pensando anche alla pasta fritta e calda delle crescentine che si scioglie in bocca, con dentro la mortadella tagliata grossa, di quella buona.

E il pensiero più dolce di tutti è che ci sono ancora quattro interi fine settimana, prima della fine dell'estate...

19 agosto 2006

La ruta natural




Vigilia di partenza: tra qualche ora prendo l'aereo da Malaga e me ne ritorno a casa. Ferie brevi quest'anno, dato che ho in programma di rifarmi ampiamente questo autunno e questo inverno. E mentre cerco (invano) di rubare qualche ultimo scampolo di abbronzatura, ci sono tutta una serie di osservazioni curiosa sulla Spagna che vorrei condividere con voi, frutto di cinque estati di seguito passate "vivendo all'Andalusa" osservando cose banali come i quotidiani, le edicole, la televisione.
Numero 1. Pensate che il pettegolezzo imperi nei media italiani? You aint' seen anything, baby. In Spagna, il "cotilleo", il gossip televisivo, assurge a opera d'arte, e ogni rete che si rispetti dedica ore o ore ogni giorno a reportage sugli amori di questo o quel famoso... altro che lo striminzito "Verissimo". Persino la seriosa TV nazionale prima del telegiornale dell'ora di pranzo (che va in onda, giuro, dalle 15.00 alle 16), propone una mezz'ora di pettegolezzo, in un programma che si chiama "Corazon Corazon"). E i famosi oggetto di attenzione NON SONO quelli italici. Ci sono le veline locali, e i locali protagonisti del "Gran Hermano" o di "La isla de los famosos", ma ci sono soprattutto i toreri, le loro famiglie, e i cantanti "folklorici" (tipo Isabel Pantoja) con annessi e connessi. E se mancano le star, si intervistano gli ex mariti, gli amici delle ex-mogli, i figli di primo letto dei secondi mariti etc
Numero 2. In edicola c'è veramente di tutto di più (ci sono anche gli splendidi fumetti Panini Comics in salsa iberica, distribuiti bene persino in questo angolo di Andalusia), ma mancano DEL TUTTO i settimanali di attualità tipo Espresso o Panorama, o persino Vanity Fair. Ho visto solo settimanali di pettegolezzi (in quantità che fa impallidire in nostro mercato), ma nulla di nulla per un lettore come me che in Italia tra Espresso, Diario, Internazionale, VF etc etc avrebbe quasi una rivista al giorno da leggere.
Numero 3. Vi lamentate della pubblicità in TV? Qua in Spagna i blocchi di annunci sono anche di 8-10-12 minuti! Dal momento che non c'è il canone, tutte le reti interrompono continuamente film e telefilm, per dei periodi di tempo che anche al più scafato spettatore di Italia Uno farebbero venire l'itterizia. In compenso è stupefacente come i prodotti pubblicizzati e il modo di pubblicizzarli siano diffferenti. Ho visto un sacco di annunci per prodotti di soja, per esempio, dato che pare che qui vadano molto, o per aziende specializzate in chirurgia estetica, o per una rete di dentisti specializzati per essere aperti il sabato (idea geniale!). Belle anche le "pubblicità progresso", moltissime contro gli incendi o contro l'eccesso di velocità, molto più incisive rispetto a quanto visto da noi (anche se non so a quanto servano data la recente ecatombe ecologica in Galizia).
Numero 4. Non sbagliate, se venite da queste parti. La paella si mangia solo a pranzo, mai per cena. Solo i turisti commettono questo errore (un po' come americani e giapponesi che in Italia si ostinano a prendere il cappuccino dopo le 11.00 del mattino). Anche perché, sa fatta come si deve, è un piatto così pesante che sfido chiunque a mangiarla a mezzanotte e poi andare a letto a dormirci su...
Numero 5. I fenomeni TV sono un po' gli stessi che da noi. Le commedie locali sono davvero divertenti e rompono tutti gli schemi rispetto alle varie fetecchie sotto sotto mezzo moraliste delle reti italiche. La mia preferita, "Aqui no hay quien viva", che significa più o meno "Qui la vita è impossibile" mi fa sbellicare a tal punto che credo che me ne procurerò il cofanetto in DVD: storia di un condominio di Madrid dove succede di tutto e di più, tra portieri arrapati, lesbiche incinta per inseminazione artificiale, vecchiette ninfomani, adulteri di una certa età, giovani coppie indecise e chi più ne ha più ne metta...

18 agosto 2006

In the beginning - 2 di ?


Negli anni delle elementari – dal 1971 al 1976 – come ho scritto nella prima parte – i fumetti per me si dividono in quelli “ufficiali”, in quelli ”tollerati” e in quelli “malvisti”. Come è ovvio, sono sempre gli amori proibiti quelli più dilanianti e più importanti, ed è proprio quest’ultima categoria di “giornalini” quella che alla fine è diventata non solo la mia passione, ma anche il mio lavoro.

Perché, ed è questo un elemento che merita una riflessione, i fumetti “malvisti” in casa Lupoi erano quelli Marvel, i vari UOMO RAGNO, THOR, DEVIL e FANTASTICI QUATTRO che dal 1970 invadevano le edicole grazie all’editoriale Corno, e che erano troppo “violenti”, troppo “colorati”, troppo poco “educativi” per un “bravo bambino” come il sottoscritto (anche se devo dire però che in una sorta di mia analisi revisionistica di quegli anni, sto iniziando a pensare che più che essere fumetti “malvisti” dalla mia famiglia, erano fumetti da cui io stesso fuggivo un poco, dato che esercitavano un fascino così profondo e magnetico che quasi volevo tenermi al riparo da quella che pensavo potesse essere una "trasgressione" pericolosa).

Sia come sia, i fumetti di super eroi li vedevo a sei, sette anni, ma erano off limits, finché, in un pomeriggio bolognese d'inverno di inizio 1973, con la notte che arriva alle quattro del pomeriggio e la città che si intorpidisce, non mi ritrovai a casa di un compagno di seconda elementare, a fare i compiti e a giocare. E - meraviglia delle meraviglie – per la prima volta nella mia vita ebbi tra le mani un albo Marvel, il mio primo UOMO RAGNO, il numero 66 della serie Corno... quell'incontro con Mysterio disegnato da John Romita. Esatto, quello in cui Spidey sembra essere rimpicciolito alle dimensioni di un aracnide vero, ed è prigioniero del suo nemico in un luna park da incubo. Fin da quella prima lettura furtiva avvertii quella che era la cifra stilistica per me più forte e interessante degli albi Marvel... il dramma, il pathos, la spirale della disperazione che culmina con l’ebbrezza della vittoria… e con il suo amaro sapore, spesse volte.

Ci volle un anno prima che potessi avere il primo albo Marvel tutto mio, un anno passato a sbirciare le copie di qualche amico, e a informarmi con loro sui poteri e le origini dei diversi personaggi. Fu mio padre, grande spirito libero, a regalarmi quel primo albo Marvel, nel febbraio 1974: era FANTASTICI QUATTRO 75, “Non più cosa”, con in appendice “Nessuno può fermare Raggio Pungente”, un racconto di SUB-MARINER. Era una lettura inebriante, ipnotica. Avevo toccato con mano un universo illimitato di immaginazione, dove tutto era possibile, dove la fantasia fluiva indisturbata, dove la posta in palio era la vita o la morte, la salvezza o la dannazione, la sopravvivenza di un solo bambino umano o di un’intera civiltà.
Ricordo ancora l’emozione di quell momento, le cento, mille letture di quelle 48 pagine, da cui cercavo di risucchiare ogni brandello di informazione (e ricordo le evasive risposte della pagina della posta ancora adesso con una punta di insofferenza). Ricordo l’ingenuità di quel momento. Pensavo per esempio che nei FQ in ogni numero toccasse a uno diverso del gruppo sconfiggere i cattivi. O che il “Captain Marvel” citato nel copyright fosse il protagonista della breve storia “libera” di fantascienza che chiudeva l’albo… ;-)

In qualche modo, fu quel primo acquisto ad aprire il vaso di Pandora dell’invasione Marvel nella mia vita. Mi feci comprare altri albi da mio padre, poi da amici di famiglia, dagli zii: Fantastici Quattro, Capitan America, i Difensori… quindi con la mia paghetta iniziai a decidere autonomamente quail fumetti comprare. All’inizio – a dire il vero – non mi potevo permettere molto. Magari qualche albo usato, in estate, preso da qualche ragazzino che li vendeva in pineta, a Zadina di Cesenatico. Compravo le raccolte, soprattutto, che costavano poco e “c’era molto da leggere”.

Ero piccolo, e quindi mi piaceva il lato più ingenuo della Marvel: I FQ di Lee e Kirby, o anche Cap e gli X-men degli stessi autori, soprattutto. Se mi capitava il Fury di Steranko, il Ragno e il Capitan Marvel di Gil Kane, o certi Devil di Conway e Colan, per non parlare di Ghost e del suo teschio fiammeggiante, o dei cupi e cinici Difensori…. ci rimanevo male, mi sembrava roba troppo forte, troppo violenta, confesso che a volte faticavo a capirla. Era anche questo un freno inibitore a un acquisto regolare: ero ancora preso dal mondo del Corriere dei Ragazzi, con le rubriche educative e una certa aura di buoni sentimenti, e mi sembrava di trasgredire chissà quale comandamento nel leggere quelle “cose da grandi”.

Certo, se c'era l'occasione sbirciavo i nuovi numeri, ma quando mi aspettavano storie come la morte del Capitano Stacy o di Gwen o di Goblin, o minacce di vampiri viventi e lupi mannari... il dramma era troppo per un ragazzino di meno di dieci anni...

Nell’ultimo anno delle elementari, tuttavia, esplose il fenomeno Supergulp, che tolse molto dell’alone di trasgressione ai personaggi Marvel. In prima serata, su RaiDue, il programma presentava i cartoni animati di Spider-Man e dei Fantastici Quattro, e ricordo ancora l’emozione di quelle serate, in cui coinvolgevo tutta la famiglia, e l’attesa quasi smaniosa dell’appuntamento settimanale con il più grande show TV mai realizzato sul mondo della Nona Arte. Con quel programma, la Marvel usciva da una certa dimensione underground per diventare – più che mai – un fenomeno di massa.

Supergulp aprì la strada al lancio della prima serie di ristampe cronologiche dell’Uomo Ragno, la prima collana Marvel che ho seguito regolarmente, a partire dal giugno 1976, L'UOMO RAGNO GIGANTE (ironicamente, e non lo sapevo all’epoca, solo poco prima che il Corriere Dei Ragazzi facesse karakiri e scomparisse dalle edicole). Tutto era perfetto. Il formato. I colori. Il meraviglioso frontespizio pieno di "faccine" disegnate da Romita, faccine di cui all'epoca conoscevo a malapena un 10%. Mi immersi per la prima volta nel mondo di Stan Lee e Steve Ditko, scoprendo storie di cui avevo solo sentito parlare, ma che non avevo ancora mai letto. E anche se avvertivo che il tratto di Ditko e lo stile di Lee dell’epoca erano più primitivi rispetto alle storie posteriori che conoscevo, fui subito travolto dalle emozioni, da un senso del dramma intenso e forse più adatto alla mia età. Era solo l’inizio, ovviamente, di una storia che…

Continua (2 di ?)

17 agosto 2006

Day of wind and wrath


Il vento di ponente si è levato, come succede sempre dopo Ferragosto a queste latitudini, portando aria fresca e mare grosso. In queste occasioni si fanno passeggiate, o si rimane in terrazza a leggere, e oggi mi sono dedicato proprio a questo. Ho finito Dies Irae, e completata in una sola sessione la lettura di Ilium, di Dan Simmons.

Dies Irae, di Giuseppe Genna, mi è stato regalato per il mio compleanno, da un’amica che lo aveva letto e me lo raccomandava caldamente. Ho iniziato a leggerlo contemporaneamente ai capitoli finali di Underworld, ignorando che del romanzo di DeLillo questo è un vero e proprio omaggio, per non dire pastiche. Stessa struttura, stessa volontà di mantenere uno stile letterario lirico e alto, varie citazioni di DeLillo, e per finire, i due romanzi si chiudono con la stessa parola (no, non è “fine”, ma un’altra parola, una delle più importanti e cruciali dell’esperienza umana, che non posso rivelarvi dato che DeLillo ci costruisce sopra l’intero finale di Underworld, ed è importante arrivare a quell’ultima parola senza sapere di quale si tratta).

Dies Irae, se UW parla di 50 anni di storia americana, parla di 25 anni di storia e misteri italiani, da Vermicino a oggi. Il primo capitolo – uno dei migliori – ricostruisce la tragedia di Alfredino Rampi, il bambino che cadde in un pozzo artesiano e non riuscì a essere salvato, morendo in diretta TV e coagulando forse per la prima volta l’intero paese in un rito emotitivo collettivo davanti agli schermi catodici. Il secondo ci porta al presente e ci presenta i tre personaggi del romanzo: lo stesso autore, Giuseppe Genna, immerso in una profonda crisi depressiva; la psicologa Paola, che da una depressione inimmaginabile ha saputo uscire; la signora di buona famiglia Monica, anch’essa testimone di vari orrori e tragedie nella sua vita di (pseudo) privilegiata.
E come in Underworld, il resto del libro racconta gli eventi che collegano il primo al secondo capitolo, anche se Genna non si azzarda, come DeLillo, a presentarceli in ordine cronologico inverso, ma più tradizionalmente li snocciola nella loro corretta sequenza, inframmezzandoli con frammenti di un altro Dies Irae, immaginario romanzo di fantascienza incompiuto dello stesso Genna che in pratica racconta in oltre 1.727.000 pagine la storia della fine della razza umana.
Le vicende personali di Giuseppe, Paola e Monica, tutte sostanzialmente segnate dalla depressione, dalla malattia, dalla rovina familiare, sono intersecate con i misteri più oscuri d’Italia: dalla morte di Alfredino, ordita da agenti dei servizi, all'ascesa di Cravi, alla scomparsa di Emanuela Orlandi, collegata a una relazione “con il più alto dei prelati”, fino al destino della stessa Moana Pozzi, che viene a conoscere il segreto di Alfredino dopo una notte di sesso con l’agente che lo ha fatto morire. Ironicamente, le parti più deboli del romanzo sono forse quelle dedicate ai “misteri” di cui sopra, mentre più riusciti sono i capitoli in cui appaiono nella loro nuda crudezza la depressione di Genna, il passato di violenza carnale, incesto, prostituzione e droga di Paola, lo squallore di borghesia in declino di Monica. Lo stile di Genna, francamente a tratti ossessivamente eccessivo, a volte ripetitivo, altre impietosamente inferiore al suo modello, decolla soprattutto nelle pagine più sinceramente personali, in cui i drammi suoi e delle sue eroine ci vengono svelati con compassione e pietas.
E la conclusione, in cui la psicoterapia, soprattutto nella versione non verbale della dance therapy, assume un ruolo salvifico, è così forte che mi riesce difficile pensare che Genna non abbia personalmente compiuto un percorso di guarigione di questo genere, e che forse Dies Irae sia per lui un lungo, complesso, atto di elaborazione di un lutto altrimenti non affrontabile.

Papà, addio.
Mi contengo, non vedendo, non so niente, mi dimentico di tutto il tempo prima e dopo, attraversando con movenze mie di cui non ho intelletto il momento buio, afferrabile e inafferrabile, di questo scivoloso presente che slitta nel momento buio e successivo.
Sei una presenza. Sono una presenza io e tu, papà, sei una presenza che è stata e ha compiuto quanto poteva e doveva compiere, e le parole non servivano, nemmeno l’abbraccio che ci siamo dati a occhi chiusi, non il tocco, ma semplicemente esserci e avere trascorso insieme le distanze che abbiamo potuto e dovuto percorrere, a occhi chiusi, dimenticando e tu e io le larve neroviola (---), l’istante ripulito, liscio, dolcemente buio, numinoso come l’oro incalcolabile che è sepolto in un cavo fondo e non smette di parlare senza parole, una lingua aerea che comprendiamo senza sintassi, una lingua istantanea che genera il tocco della mia mano sulla tua fronte fredda risollevata dal parquet della tua stanza, niente è distaccato da niente, ogni cosa compartecipa dell’ordine instabile che si dispone in armonia---


Da leggere, con qualche caveat, ma da leggere.

La recensione di Ilium .--- tra qualche giorno: ora devo leggere la seconda e ultima parte, Olympos

15 agosto 2006

In the beginning - 1 di ?


Il mio primo ricordo, la prima traccia di me, non è un cluster di neuroni, un insieme di segni biologici nella mia memoria; è un nastro di celluloide in super8, dimenticato per decenni e poi fatto ascendere alla gloria del codice binario di un DVD da un'anima generosa che ha voluto farmi un regalo che non si dimentica facilmente.
In questa registrazione - opera di mio padre - ci sono io a due anni che cammino per Bologna, portato per mano da mia madre, trentenne e bellissima, con il sorriso aperto al mondo di chi è ancora totalmente immerso nella beatitudine dell'innocenza. Arriviamo a un’edicola di giornali, in piazza Galileo, e mia madre mi compra un albo di favole illustrate. Io lo prendo in mano, lo guardo e lo riguardo sorridente. Il video sembra quasi presagire il mio lavoro nell’editoria, e – ironia della sorte – fu girato a pochi metri da quello che sarebbe stato il mio primo ufficio come editore vero e proprio, in Piazza Galileo.

Forse tutto inizia lì, in un albo di favole illustrate, in un Topolino letto pazientemente da una madre o una zia, qualche Corriere dei Piccoli prestato dai cugini; fatto sta che quando inizio a leggere a 6 anni, nel 1971, non ho alcun dubbio sul fatto che quello che mi piace più di tutto sono i fumetti, i giornalini che nell'edicola sotto casa in via Marconi troneggiano nello splendore dei loro quattro colori.

Ci sono diversi tipi di fumetti, nei primissimi anni di lettura. Ci sono quelli "permessi", che vengono portati a casa con la benedizione di mamma, anzi, comprati da lei su mia richiesta, con puntigliosa regolarità.
Ci sono quelli "malvisti", come tutti i fumetti Marvel, e quelli "tollerati" come i Linus.

Tra i fumetti "ufficiali", Topolino è il primo amore, ma dura poco: fin da allora, lo trovo troppo naif, troppo banale. Già mi chiedo "chi è la madre di Qui, Quo e Qua? perché vivono con lo zio?", "Ma se i Bassotti sono finiti in prigione nello scorso numero, come mai sono già liberi?". Mia madre mi risponde "I delinquenti in prigione ci rimangono sempre poco", ma è una risposta che non mi convince. Di TOPOLINO mi piace solo Paperinik, ricordo ancora la storia di villa Rosa con i nipotini che spiegano cosa significa Sursum Corda; mi piacciono le storie a puntate (abbastanza rare) tipo "Storia e Gloria della dinastia dei paperi". Super Pippo non mi convince, avere super poteri come quelli solo mangiando delle noccioline è... un'idiozia.

Il mio primo vero amore fumettistico è invece il Corriere dei Ragazzi, il periodico a fumetti del Corriere della Sera, che soppianta Topolino tra le letture "approvate".
Arrivo al CdR a sette anni, nel 1972, quando ormai il "divorzio" con il Corriere dei Piccoli è un fatto consolidato. Avrei poi recuperato - grazie ai cugini abruzzesi di Marana di Montereale - alcune annate del CdP di fine anni '60, imparando ad amare su quelle pagine il grande fumetto francese genere Luc Orient, Ric Roland, Bernard Prince, i Puffi etc... ma è sicuramente il Corriere dei Ragazzi - nella sua breve vita dal 72 al 76 - a segnare la mia infanzia e a insegnarmi ad amare il grande fumetto italiano ed europeo... e a capire (o meglio, intuire) i meccanismi di una redazione, come si potevano leggere tra le righe dei tanti redazionali dell'epoca.

Il Corriere dei Ragazzi è stato un sogno irripetibile, una rivista per ragazzi che non li trattava come deficienti, ma li stimolava culturalmente e intellettualmente, uccisa dalla cecità della direzione del Corriere che non capiva il settimanale e dopo pochi anni volle trasformarlo nella brutta copia de L'Intrepido, cavalcando gli adolescenti nazional-popolari e finendo per perdere i lettori fedeli del CdR, che tutt'altra anima e interessi avevano. Andatevi a leggere il bel pezzo di Michele Medda per sapere qualcosa di più sulla breve storia di questo grande periodico.

Del CrR sono un fan sfegatato. Lo leggo dalla prima all'ultima pagina, partecipo a tutti i concorsi, mi iscrivo al CLUB DEI RAGAZZI, conservo e colleziono ogni inserto o gadget, scrivo al direttore (Francesconi e Barberis sono i miei idoli).

Tra i fumetti, ce ne sono tali e tanti da ricordare che potrei andare avanti per pagine e pagine. Mi limito a citare i favoriti assoluti: gli Aristocratici di Castelli e Tacconi, Anni 2000 di Mino Milani, Nick Carter di Bonvi, Altai e Johnson di Sclavi e Cavazzano, il Maestro (sempre di Milani, mi pare, forse il miglior fumetto fantastico italiano mai prodotto), l'Ombra, Processo alla Storia, La Donna Eterna di Buzzelli, Sturmtruppen, Lupo Alberto, qualsiasi cosa di Micheluzzi, e l'esilarante rubrica Sottosopra di Sclavi. Uno struggimento particolare per Valentina Mela Verde, della Nidasio, per quel ritratto di buona, simpatica e sana gioventù milanese di classe media, così lontana dal mio, di mondo, ma così accattivante.

Meno mi piacciono i tentativi del CdR di strizzare l'occhio ai più grandicelli con fumetti volutamente più scafati tipo TomBoy e Lord Shark (beh, non ho neppure dieci anni, dopo tutto!).

Quando il CdR finisce, e si trasforma nella grottesca, patetica, ridicola parodia de L'Intrepido chiamata Corrierboy, è la fine di un'epoca (e in più in un senso, dato che contemporaneamente passo dalle elementari alle medie).

Amori fumettistici nuovi e più importanti mi aspettano, e i fumetti "proibiti" fino a quel momento stanno per diventare i principali protagonisti della seconda metà degli anni '70...

1- continua

13 agosto 2006

Vacanze andaluse


Per qualche giorno all'anno, ogni anno dal 2002 a questa parte, mi sta bene essere un po' andaluso, e mescolarmi a loro, a questi spagnoli del sud dalla parlata stretta e dall'umorismo agrodolce, vivendo al loro fianco, e facendomi con loro qualche giorno di mare, nel piccolo lembo di terra che la provincia di Granada ha sul Mediterraneo, e per la precisione a L'Herradura, l'ultimo paese ancora non distrutto dalla speculazione edilizia di questi paraggi.
Mi piace parlare solo spagnolo, cercando di nascondere (invano) il mio accento italiano. Fare la coda per comprare il pane. Scendere in spiaggia la mattina presto (le 9!) per mettere l'ombrellone e riservarsi un posto "en primera linea", conditio indispensabile in queste spiagge tutte rigorosamente libere. Stare in spiaggia sotto l'ombrellone a leggere El Mundo (ediccion Andalusia) e El Ideal (Granada), dato che il Corriere quest'anno non arriva. Giocare al Sudoku. Leggere Linus, i Simpsons, Dies Irae. Passare ore a mollo, in quest'acqua perfetta finora, cristallina, calma, tiepida, verde il pomeriggio, azzurra la mattina. Pranzare alle 15.00, cenare alle 22.00. Fare la siesta. Giocare al cinquillo. Muovermi solo in autobus, con le corriere dell'Alsina Graells. Bere birra Alhambra, mangiare manchego, jamon iberico, insaladilla rusa, pinchitos, croquetas, tutto rigorosamente casalingo. Aspettare ogni sera il tramonto sulla spiaggia, tramonto che qui arriva un ora dopo che in Italia.
E pensare, rimuginare, inventare, tornare indietro con la mente al passato più che remoto... in principio... in the beginning... (0 - continua)

12 agosto 2006

La nube della non conoscenza


underworld
Originally uploaded by hidden side.
Underworld è un romanzo che da quando è uscito orbita alla periferia della mia attenzione. Sapevo che era un capolavoro, sapevo che un appassionato di letteratura angloamericana come me non poteva non leggerlo, ma l’ho volutamente ignorato per anni. Non erano le dimensioni, circa 1000 pagine, a spaventarmi: posso divorare in tre giorni quasi qualsiasi romanzo di quelle dimensioni. Era forse l’argomento del capitolo uno – una sorta di romanzo nel romanzo dedicato a una famosa partita di baseball al Polo Grounds di New York del 1951 tra Giants e Dodgers - a indispormi. Anni di frequentazioni del baseball virtuale dentro Peanuts non mi hanno ancora fatto amare questo sport, e rimango religiosamente alla larga da qualsivoglia film o libro dedicato a questo argomento.
Si trattava però di un pregiudizio infondato, di una misconception. Underworld non è un libro sul baseball più di quanto la Recherche sia un romanzo sul consumo di madeleines o Ulysses un romanzo sulle torri di guardia della baia di Dublino.
Se il primo capitolo è in effetti tutto sul baseball – un vero e proprio mini-capolavoro letterario uscito in origine su rivista come racconto, leggibile a sé stante, che presagisce tutti i temi del resto del libro e ne stabilisce il ritmo lirico del testo e il colore, il secondo – forse il mio preferito – ci porta al presente, alla vita di un uomo adulto di nome Nick Shay, che nel 1951 era a sua volta bambino, nel Bronx, a pochi isolati dallo stadio di baseball di cui sopra.
Nick oggi fa il manager in una ditta di smaltimento rifiuti e un giorno scopre che una sua fiamma di gioventù – Klara Sax, oggi artista di fama mondiale - ha allestito un’istallazione d’arte moderna nel deserto: d’impulso abbandona il suo itinerario, e si butta nel deserto per incontrare di nuovo questa donna, molto più anziana di lui, ex moglie del suo insegnante di scienze, con cui da ragazzo ebbe un fugace e colpevole intermezzo sessuale.

Qual è il collegamento tra il primo e il secondo capitolo? Nella famosa partita “che fece il giro del mondo”, la palla da baseball dell’home run finale scomparve, portata a casa da un ragazzino di colore, Cotter, che si era intrufolato alla stadio senza pagare il biglietto. Nel secondo capitolo, cinquant’anni dopo, l’elusivo e misterioso cimelio è finito proprio nelle mani di Nick, dopo un pellegrinaggio decennale da una mano all’altra, percorrendo la storia d’America attraverso gli strati sociali e culturali.

Underworld, nello splendore delle sue 886 pagine ricche di personaggi, luoghi, momenti, ci trasporta nella rete sotterranea dell’esistenza, nei cunicoli nascosti della storia e delle storie, collegando i due momenti, il passato e il presente, e intersecando la narrazione con divagazioni sulla vita, la morte, la guerra, il destino, la perdita di spiritualità della società, le mille miserie e le mille glorie di un’umanità dolorante, rassegnata, ma sempre bramosa di uno scampolo di vita e di redenzione. DeLillo ci catapulta nella vita di Nick, di sua madre, di suo fratello, di sua moglie, dell’amante di lei, di Klara, del suo ex-marito, della sua terribile insegnante di scuola cattolica, Suor Edgar, e oltre alle loro vite ci presenta anche quelle di commediografi e politici, di serial killer e graffitisti, regalandoci anche un prezioso intermezzo su Edgar Hoover, il paranoico capo dell’FBI dell’epoca della caccia alle streghe, dipinto in maniera ineffabile, in tutta la sua follia e la sua umana, repressa, fragilità, nonché la rapsodica descrizione di Unterwelt, finto film di Eisenstein.

Underworld – il “mondo sotterraneo” – vuole tessere l’affresco di cinquant’anni di storia americana, attraverso le sue ossessioni, due su tutte: la bomba atomica e i rifiuti, la spazzatura. Quest’ultima è la metafora dell’esistenza, nel mondo della piccola comedie humaine di DeLillo, che ci racconta le vite di un manipolo di personaggi che si disfano di pezzi di sé man mano che sono trascinati nel gorgo della (loro) storia, ma allo stesso tempo rimangono ferocemente attaccati a qualche piccolo, apparentemente inutile, brandello di memoria (un sentimento, una vecchia foto, un ricordo, una palla da baseball consunta) che possa loro permettere di sentirsi ancora vivi, come nei "giorni in cui ero giovane sulla terra, guizzante nel vivo della pelle, imprudente e reale".


La struttura del romanzo è particolarissima. Ogni sezione procede a ritroso, indietro nel tempo, dal presente fino agli anni ’50, per poi tornare al presente nel finale, ma tra una sezione e l’altra, brevi capitoli ambientati nel ‘51 ci raccontano il dramma del padre di Cotter, e della sua decisione di vendere la palla da baseball, rubandola al figlio.
Sembra una struttura farraginosa, ma è forse una delle intuizioni creative più geniali di DeLillo. Il passato che segue il presente, e che spiega il presente. Il presente che anticipa il passato, citando luoghi ed eventi trascorsi, che successivamente vengono espansi. I misteri di oggi, che solo nella narrazione del passato trovano una spiegazione, in un reticolo di rimandi e riferimenti incrociati che occorrerebbe leggere due o più volte per afferrare nella sua completezza.

Lo stile di DeLillo lo avete visto nei due brani che ho recentemente riportato in questo blog. E’ uno stile ipnotico, ritmato, fa venire voglia di leggere ad alta voce. Visionario e musicale, conclude ogni capitolo con una frase a effetto, con un’immagine, un guizzo, una o due righe che mozzano il fiato, che ti colpiscono in fronte con l’impatto della loro liricità.

Un libro che va affrontato con rispetto e amore, uno di quei libri che fa faticare e incanta al tempo stesso, rapisce con le parole, turba e commuove con le sue immagini.

10 agosto 2006

On the way to Madrid


On the way to Madrid
Originally uploaded by Marco40134.
Viviamo in un mondo terribile. Mentre a Madrid-Barajas, nel nuovo terminale che sembra una cattedrale postmoderna di vetro e acciaio, aspetto il volo che mi porta in vacanza, in Andalusia, la gente si agita perché tutti i voli per Londra sono cancellati a causa dell'allerta terrorismo di oggi, in cui 20 kamikaze inglesi volevano far esplodere contemporaneamente sei aerei diretti da Regno Unito negli USA.
E intanto in Libano i missili volano da entrambe le parti, e una guerra che nessuno ha dichiarato ufficialmente e in cui ci siamo trovati immersi senza accorgercene continua a seminare ogni giorno centinaia di vittime civili e a radere al suolo un paese intero.

Non so voi, ma tutto questo mi dà un'inquietudine profonda. Non abbiamo esposto bandiere arcobaleno, ma forse è il caso di tirarle fuori dal cassetto e rimetterle alla finestra, per lasciarcele per sempre, probabilmente e purtroppo.

E di nuovo chiudo casa


Il giorno prima delle vacanze è una sorta di vigilia di Capodanno espansa e in versione estiva. Attacco l'iPod allo stereo e per tutta la giornata vago per la casa sistemando cose, archiviando carte, separando i vestiti, controllando che l'annaffiamento automatico non abbia falle, sleggiucchiando Witchblade, Cyberforce e National Geographic. E' il nove agosto, ma non c'è afa, si possono tenere aperte le finestre, senza accendere l'aria condizionata. Faccio la spola con il computer, scopro il blog di Michele Foschini, ricevo mail che mi sorprendono, piacevolmente, intendo, quelle mail in cui qualcuno si apre a te in maniera inaspettata e vorresti trovare nella risposta parole importanti come quelle che hai ricevuto. Leggo i bei commenti di Stefano Raffaele al post con l'estratto n. 1 di DeLillo. Preparo i libri per il viaggio, e tutto l'ensamble di materiale elettronico che mi porterà dietro nel viaggio che inizia domani. A cena vado a Tossignano, vicino Imola, da mia madre. E' una di quelle sere d'estate ventose, così rare in questo angolo di pianura. Ascolto Fossati e gli Zero 7, ci sono tanti ciclisti sulla strada, fiancheggiata dalle vigne di sangiovese, con i cipressi sui crinali che danno un po' d'aria di Toscana a questo lembo di Romagna, la valle del Santerno, che si insinua nell'Appennino fino a sfociare a Firenzuola. La strada taglia la vena del gesso, la cicatrice di pietra bianca che solca la regione a queste latitudini.
Nel viaggio di andata, e poi in quello di ritorno, penso a tutto quello che mi è successo in questi 12 mesi, dalla scorsa estate a oggi, e a 12 mesi di vicende personali e professionali, che in gran parte vi ho lasciato vedere, intravedere o intuire in queste colonne, a volte nel testo, altre nel sottotesto, nei silenzi, nelle cose non dette. Le sfide, quelle vinte, quelle perse, quelle pareggiate. Le paure e le sicurezze. La ricerca di risposte, o spesso solo della capacità di porsi le domande giuste. Le abitudini di sempre, e la voglia di cambiarle, e di reinventarsi, prendere strade non previste e imprevedibili. Ridere. Piangere. Ascoltare. Immergersi. Sentire. Iniziare a vedere, non solo a guardare.

E' mezzanotte passata. Ho dimenticato di brindare, ma fatelo voi, virtualmente, con me.

08 agosto 2006

Excerpt # 2



Originally uploaded by Tsunami Notes.
"Bevo grappa invecchiata e ascolto musica jazz. Sistemo i libri sugli scaffali nuovi e resto fermo in mezzo al soggiorno a guardare i tappeti e i quadri e i tessuti alle pareti, e so che i fantasmi girano per i corridoi.

Ma non per questi corridoi, non in questa casa. Sono rimasti tutti in quell'infilata di stanze nello stretto passaggio alla fine della notte, e io resto impotente in questo posto deserto e guardo i libri.

Ho nostalgia dei giorni del disordine. Li rivoglio, i giorni in cui ero giovane sulla terra, guizzante nel vivo della pelle, imprudente e reale. Ecco di cosa ho nostalgia, dell'interruzione della pace, dei giorni del disordine quando camminavo per le strade vere e facevo gesti violenti ed ero pieno di rabbia e sempre pronto, un pericolo per gli altri, e un mistero distante per me stesso"

Don DeLillo, Underworld, pagina 861 dell'edizione Super ET di Einaudi.

07 agosto 2006

Excerpt # 1

"Diciamo semplicemente che il deserto è un impulso. Avevo deciso di punto in bianco di cambiare volo, prendere una macchina, e andare per strade poco battute.
C'è qualcosa - riguardo ai vecchi tempi - che viene soddisfatto dalla spontaneità. Più in fretta uno decide, meglio si libera del debito con la memoria.

Volevo rivederla, provare qualcosa, e dire qualcosa. Poche parole, non troppe, e poi tornare via, nella lontananza ventosa.

Era tutto lontananza. Era una distesa ininterrotta di terra arida e cielo, e un'impalpabile traccia di montagne, basse e accovacciate, in fondo, montagne o nuvole, a forma di gatto, di puma.

Com'è umano, vedere una cosa come qualcos'altro."

Don DeLillo - Underworld - Pagina 63 dell'edizioneSuper ET

Addicted to clouds


Addicted to clouds
Originally uploaded by Marco40134.
Tra le varie valli più o meno parallele dell'Appennino si può passare in auto tramite strade irte e contorte. Questo movimento si chiama "scollinare", e nella parte di Appennino che frequento ci sono diversi scollinamenti possibili, tra le valli del Sillaro, dell'Idice, del Santerno, del Senio. Etc etc etc. Uno degli scollinamenti più spettacolari è quello tra il Santerno e l'Idice, all'altezza di Monterenzio, con arrivo tra San Clemente e il Villaggio Salute. Ecco una foto di oggi, con una incredibile luce tersa, dopo uno scroscio di pioggia estiva. C'era anche l'arcobaleno, ma da un'altra parte.

06 agosto 2006

Eternamente


Vorrei avere qualche argomento fumettistico da proporvi, dato che so che una parte di voi monitora regolarmente il blog alla caccia di qualche chicca o qualche anticipazione. Mi dispiace deludervi, ma sto lavorando come un ciuco a tutta una serie di cose targate 2007 o 2008, o riservate a paesi che distano almeno tre ore d'aereo da qui.. e quindi ben poco posso lasciar trapelare. Sto tenendomi al passo come letture alla produzione Marvel, dato che a fine mese faremo il solito editorial retreat semestrale, e stavolta dovremo pensare alla programmazione dell'anno venturo; non ho perà molto da segnalare che già non sia stato osannato in queste colonne (vorrei dirvi che il numero 3 di MOON KNIGHT è una di quelle storie che farà discutere per anni a venire, ma temo di suonare ripetitivo). Ah, no, dimenticavo, è uscito ETERNALS 1 di Gaiman e Romita JR. La serie originale di Kirby, nella sua insensatezza, era uno dei miei mensili preferiti nell'anno di grazia 1976 (o '77?). Fin da ragazzino capivo che il King si dilettava a inventarsi un mondo che poco aveva a vedere con l'universo Marvel, e questa consapevolezza mi dannava, dato che Ikaris, Sersi, Makkari, Thena e Zuras DOVEVANO essere integrati con il mondo di Spider-Man e FQ, e questa mancanza di continuity era la mia croce e delizia. Ora, trent'anni dopo, uno dei più geniali e osannati scrittori di comics, Neal Gaiman, ci prova ancora, e a dire il vero la scelta degli Eterni come serie adatta a lui è un "no brainer": non ha forse Gaiman sempre parlato di dei che vivono tra gli umani, da Sandman ad American Gods? Il primo numero della sua miniserie è interessante, forte, da leggere, anche se un po' di perplessità lascia. Di sicuro confido che dal numero 2 le vicende si coagulino nel mix per budino che è una sceneggiatura, e si inizi sul serio a intravedere che forma (e che sapore) ha questo pudding. Per ora, alcuni elementi narrativi sono un po' troppo vaghi, troppo abbozzati. Vediamo come si svilupperà nell'insieme la miniserie...

Marina di Ravenna


Marina di Ravenna sunrise
Originally uploaded by jack.spoon.
Marina di Ravenna è una delle tante spiagge dell'Adriatico, in Romagna, probabilmente la più vicina a Bologna. Fino a qualche anno fa, era una delle località meno frequentate. Un po' di traffico locale, i ragazzi di Ravenna, le loro famiglie. Io, che andavo a Cesenatico, o meglio, a Zadina di Cesenatico, non consideravo neppure quella zona. Per noi bolognesi DOC (per quanto un ibrido lazio-calabrese come me possa considerarsi tale) , "andare al mare" significava sostanzialmente planare tra Cervia e Cattolica.
Negli ultimi 10 anni tuttavia Marina di Ravenna ha subito una metamorfosi totale: i vecchi stabilimenti sono stati rilevati da giovani imprenditori e restauratori, e sono diventati locali di tendenza. Lo Zanzibar, la Duna degli Orsi, il DolceLucia, sono solo alcuni dei nomi di questi bagni/lounge/ristoranti, dove non ci si limita solo a prendere a noleggio lettino e ombrellone e a comprare una coca o una piadina. Ci sono cocktail, massaggiatori, lounge music, veri e propri ristoranti etc etc, e anche se il mare (vero punto dolens) è una sorta di brodaglia melmosetta, tutto il resto del contorno è così glamourour e piacevole che passare qui una giornata (o mezza) può essere un gustoso intermezzo estivo. Ne sono la riprova le migliaia di bolognesi - e non solo - che sciamano qui ogni fine settimana per queste parentesi balneo-modaiole.

Ora, tiro in ballo MdR perché oggi, dopo una assenza lunghissima, di quasi due anni, sono tornato in questi lidi per una mezza giornata di mare, coinvolto da due amiche desiderose di qualche ora di sole. Nonostante il bollino rossissimo da 5 agosto, siamo arrivati in meno di un'ora, complice l'orario prescelto per la partenza, le 14.30. Il comune ha pensato - finalmente - di risolvere l'annoso problema dei parcheggi inesistenti allestendo un enorme spazio "park and ride" dove abbiamo lasciamo la macchina e preso la navetta gratuita per le spiagge. Il bagno prescelto è stato il Donna Rosa, il Bagno 38 di Marina. Ambiente bellissimo, con divani, musica di sottofondo, un bel po' di beautiful people (o come si dice in Spagna, "Chulos de playa"). Ce ne stiamo stati davanti al mare, nelle ore tarde di un sabato pomeriggio, a parlare di massimi sistemi, a leggiucchiare (per me, Dies Irae, di Giuseppe Genna), ho persino schiacciato un pisolino. L'aria era fresca, poco più di 24 gradi, a una certa ora abbiamo dovuto rivestirci, mentre la sera scendeva. Abbiamo anche cenato al ristorante del bagno, e se mi aspettavo penne allo scoglio e frittturine, mi sono invece ritrovato davanti un menu di pesce sofisticato e ambizioso, e un ambiente da lounge che non sfigurerebbe in località molto più da jet set (assolutamente consigliato se passate da quelle parti). Siamo poi rientrati a BO ascoltando musica da discoteca anni '70 e cantando classici dell'epoca a squarciagola...

03 agosto 2006

Bologna d'estate


Torre dell'arengo
Originally uploaded by poluz.
Mi piace Bologna d'estate, d'agosto, soprattutto. La città, che gia da fine maggio è molto meno caotica per la partenza degli universitari e il rallentamento del periodo fieristico, si sgonfia ulteriormente, si scrolla di dosso svariate decine di migliaia di persone e si presenta a noi che restiamo in una veste un po' sudata e un po' dimessa: lavori in corso, i primi negozi che chiudono, le strade del centro dove da una certa ora in poi si riesce a parcheggiare senza problemi. Si crea una certa solidarietà tra coloro che restano: si è pochi, ma buoni, e ci si insegue con gli SMS. "Ci sei ancora?", "6 a BO". Ci si dà consigli sui locali ancora aperti, si offrono alla comunità terrazzi e cortili privati per cene improvvisate, si mangia l'ultima vera genuina specialità culinaria cittadina rimastaci, il gelato. Si sta fino a mezzanotte o all'una a parlare di libri, di gente, di politica, di film. Si organizzano le vacanze, molti last minute, molte scelte improvvisate, sperando di non pentirsi dell'itinerario scelto, o dei compagni di viaggio selezionati un po' per disperazione, all'ultimissima.
I giorni in città, ad agosto, sono belli, sono comunque un rito, così come un rito è stato stamattina ricordare in città i 26 anni dalla strage di Bologna: la stazione distrutta, il volto di una donna in barella che è stato l'immagine dello strazio, i funerali che vidi in TV, dal Lazio, con Piazza Maggiore stracolma. E poi, poi venti e passa anni di segreti, mezze giustizie, brandelli di verità, il rito della memoria celebrato ogni due agosto, alle 10.25. Forse molti di voi non c'erano, in quel 1980 infuocato, ma noi che c'eravamo ricordiamo e ricorderemo. Anche per voi.