15 giugno 2010

30641_462105048064_791333064_5986267_4361864_n Ecco. Me ne sto al buio e al silenzio nella tana del telefono amico,
senza TV e senza radio e con un PC che ha ubuntu come sistema operativo e
nessun plug in per vedere alcun tipo di streaming.
Ecco. Me ne sto
al telefono amico e non chiama quasi nessuno, salvo un utente abituale
che chiama sempre e stiamo al telefono e lo faccio parlare, partendo da
una foto misteriosamente scomparsa, di cui è rimasto solo il vetro.
La
foto, si è persa, una foto di sconosciuti, una foto non sua, una foto
non mia. Ma si parte da quella cornice ormai vuota, misteriosamente
vuota (perché nulla si perde mai, nulla, e niente scompare nel vuoto,
no?). E lui esplora il suo passato, i suoi nonni, le generazioni
passate. Storie di padri e di figli. Di amore e violenza. Di fuga e
resistenza. E non di amore. Proprio no. Di una vita senza amore. E io lo
ascolto, mentre in lonrtanaza sento le urla dei tifosi. Stiamo
perdendo. O vincendo. O pareggiando.

Non lo so.

Come il
gatto di Shroedinger me ne sto un minuto nell'indefinitezza. Possiamo
aver segnato loro, possiamo aver segnato noi, ma che importa?

Ascolto
il mio utente parlare, lo saluto, mi congedo, prendo una mentina,
mangio una delle gallette di mais che mi sono portato per cena, mi
scatto una foto (di profilo) qua nel buio, e me ne resto in silenzio a
pensare.

Pensare al cielo che era così azzurro oggi che anche un
palazzo anonimo di via Andrea Costa, color grigiotopo, si stagliava con
così tanta forza che avrei voluto fermare la macchina alla rotonda della
ICO e prendere la macchina fotografica e bloccarlo, quel cielo,
quell'azzurro, quel contrasto urbano così assoluto da mozzare il
respiro.

Pensare alla mia gatta Emma, che anche oggi è arrivata alla
fine del giorno, con une flebo, una pastiglia, un clistere, e che si
trascina sul pavimento di casa, debole e scricciolo, ma ancora
orgogliosa e bellissima e austera, la stessa divinità che ha vegliato
per sedici anni sulla vita mia e dei miei cari, e che continuerà a farlo
dal paradiso dei felini, prestissimo.

Penso alle lacrime che mi
vengono adesso, a tutte quelle che ho versato in questo anno, per
dolore, per rabbia, per amore, per la gioia, la felicità, l'abbandono,
il piacere, la perdita, il rimpianto.

Penso a quello che bisogna
dire per lasciare andare, e per tenere, e conservare. A quello che si
perde e a quello che si guadagna.

E come un gatto di Shroedinger
pentito, scrivo queste righe, e poi vado su Twitter. A vedere chi ha
segnato. Bianco o nero. Sì o no. Sì, diciamo. Sì.

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