18 giugno 2006

48 ore a New York.



Ogni anno è la stessa cosa. Dico "Vado a New York". E tutti: "Wow, che culo". Poi aggiungo: "Sì, ma per 48 ore", e la risposta è sempre la stessa: "Ma tu sei matto". Ebbene sì, uno dei "lati oscuri" di un lavoro come il mio, che mi porta a viaggiare moltissimo, è che non posso (e non voglio) prolungare i viaggi al di là del tempo strettamente indispensabile per sbrigare l'aspetto lavorativo degli stessi. Certo, occasionalmente aggiungo un fine settimana o un giorno o due di ferie a una trasferta in qualche luogo di suo interessante, ma la parola chiave è "occasionalmente". Se lo facessi sempre, passerei all'estero quasi tutti i fine settimana, e non riuscirei ad avere alcuna parvenza di vita normale.

Quindi, per tornare nel seminato, anche quest'anno (come negli ultimi 4 o 5), ho scelto di farmi una dose omeopatica di Grande Mela, un micro soggiorno tutto incentrato sugli incontri di lavoro. Ho visto tutti gli editori di New York, dai "soliti sospetti" a inediti partner che speriamo di annunciare presto, da un grande scrittore i cui progetti Panini saranno dettagliati entro l'anno, per finire con le rappresentanti di MSP, ("Ronaldinho Gaucho") che mi hanno portato a mangiare in una strepitoso rodizio brasiliano.
Arrivato il mercoledì alle 15, me ne sono andato due giorni dopo alla stessa ora. Provando anche un pizzico di sollievo.

Forse perché, e credo di andare controcorrente con il resto dell'umanità o di una gran parte di essa, non sono un grande fan della Grande Mela. Certo, mi affascina, mi interessa, la percorro come se ci fossi sempre vissuto, come se le decine di migliaia di fumetti, film, telefilm, romanzi che ho assorbito e che erano qui ambientati mi avessero permeato l'anima e fatto assorbire nell'inconscio i depositi d'acqua sui palazzi, la statua di Balto a Central Park, le donne nere che spingono le carrozzine ad Harlem o la gente che si affolla sull' L Train diretto a Delancey...
Però, vi confesso, non la riesco ad amare veramente. Forse perché mi ricorda un'estate troppo lunga, due decenni fa, con troppa pioggia e troppo poco amore, e un autunno crudele, qualche anno dopo, e tutto questo bagaglio personale non si lava via con il tempo, andrebbe esorcizzato vivendoci, a Manhattan, per sostituire i ricordi amari e le fantasie della fiction con qualcosa di nuovo e di presente. In questa vita non ce n'è l'occasione o il tempo. Nella prossima, chissà---

3 commenti:

Anonimo ha detto...

New York ha un fascino tutto particolare e inedito, per noi europei ma anche per gli americani. Persino per i gli abitanti di questa metropoli così "strana". A te non piace per i motivi personali a cui hai accennato; a me che non ci sono mai stato, fa paura pensare di trovarmi in mezzo a quelle strade immense, gremite dalla più varia umanità, stretto da enormi moloch che tanto mi ricorderebbero gli immobili Celestiali venuti a giudicarci. Mah, sto delirando... effetto a distanza della big apple :-)

Anonimo ha detto...

Io vado spesso a Buenos Aires per questioni familiari... Non credo che come metropoli sia molto diversa da NY, e sinceramente mi piace troppo!

PS: Neanche un accenno a Civil War # 2?! Che ne pensi?!

Pepito. :)
(Mr. "Non togliere Spider-Girl" di Mantova Comics!).

Anonimo ha detto...

Marco, hai un blog! AH!

Non potevo resistere a ben due tentazioni:

La prima, salutarti, che è tantissimo che non ci si vede/sente.

La seconda, postare un commento!

:)

- Stefano