20 marzo 2009

Elogio dell'ombra

Tre Olmi è come suggerisce il toponimo: tre case oltre la tangenziale di Modena, tre strade, molti pioppi, a schermare la pianura, e la sensazione di essere oltre la città in un senso più profondo della geografia: case che un tempo erano fattorie in mezzo al nulla e che ora sono a fianco di villette, pub e caseggiati, qualche parcheggio, e soprattutto lo spazio, piatto e implacabile, che sa di inverni di brina e grigiore e di estati implacabili e afose.

A Tre Olmi ha lo studio Andrea Chiesi, ex-fumettista visto su L’Eternauta (in un’altra era geologica, editorialmente parlando) e oggi pittore di ombre e luce, di interni industrali e burocratici, di spazi chiusi e vuoti. Ci siamo conosciuti alla Galleria Otto di Bologna anni fa, a un suo vernissage. All’epoca dipingeva scene di periferia, altalene vuote in parchi gioco deserti di notte, pali della luce su arterie periferiche. Mi sembrava una pittura di fantasmi, un’evocazione di presenze, una sorta di incantesimo artistico per richiamare sulla tela gli spettri veri o presunti di un esistenza urbana contemporanea senza pietà o compassione.
Oggi Andrea dipinge altro. Capannoni industriali, gasometri, archivi, biblioteche, uffici, sale d’aspetto. In un rigoroso bianco, grigio e nero. Lo vado a trovare nel suo studio e noto ci sono solo tubi e tubi di pittura di questi colori. Ne chiedo di sentire l’odore, che va alla testa subito, è piacevolmente intossicante, è una di quelle cose che dà corpo all’arte, nella sua essenza terrena, materica, analogica. Andrea ha un sito, ma nessuna scansione può rendere la texture della tela, i riflessi della luce di marzo sulle tele rigorosamente senza cornice o vetro, appese nello studio, qua a Tre Olmi, oltre la tangenziale.
Nei quadri di Andrea c’è un iperrealismo che iperrealismo non è. Non sono luoghi reali, questi, nonostante le sue pennellate ne ricalchino le forme. Sono trasfigurati dal bianco e nero, sono squarci di luce nelle ombre, sono spazi vuoti, vuotissimi, dove forse nessuno ha mai camminato o camminerà, nessuno parlerà, amerà. Sono forse metafore dello spirito, delle sue notti, ombre, di luci alla fine del corridoio, forse uno squarcio di cielo dietro una vetrata, un altrove dietro una porta chiusa, in cima a una scala a chiocciola. E forse in quelle luci, in quegli altrove, ci saranno persone e vita e colori, ma per adesso fissando i quadri si rimane qui, nel nero, nel grigio, nel bianco, a scrutare e scrutarsi, mentre è marzo fuori e da qualche parte una finestra si apre, una persona entra in una stanza.




1 commento:

Giovanni ha detto...

azz..mi piace troppo!!!