02 marzo 2007

22 ore a Mexico City


Dubito sia possibile passare meno tempo in questa città, fatta salva una qualche sosta lampo in transito per l'aeroporto.
Le ventidue ore sono precedute da altre cinque di volo tra New York e Città del Messico, a bordo di un fiammante Boeing 737-800 nuovo di zecca della AerMexico. Il vento è forte per tutto il percorso, turbolento, non spengono mai il segnale di allacciare le cinture, e così, come sospeso a 10.000 metri, senza nulla da leggere per una strana voglia di non comprare libri in questi giorni, in aereo leggo la terra e il cielo, non lascio mai lo sguardo dal finestrino, con l'ipod a manetta con gli Air, Jay Jay Johanson, R.E.M. e assortimento vario di electronica. Vedo scorrere i campi innevati degli stati a sud di New York, mi perdo nelle anse del Mississipi, nei frattali di laghetti e pozze d'acqua, e quando finalmente tocchiamo il Golfo del Messico, e ne percorriamo la costa per parecchi minuti, rimango sbalordito nel vedere le terra mescolarsi al mare, come infinita dita sabbiose che si intravedono dall'alto, a volte sotto il pelo dell'acqua, a volte sopra, a creare istmi, isolotti, protuberanze terrose, a volte disabitate, altre con strade, strutture, vita. E sopra la geografia della terra, quella del cielo, con panorami di nuvole incredibili, di ogni forma e colore, a volte fiocchi, altre cumuli, cirri. A un certo punto vedo ovunque degli sbuffi, sembrano incendi, ma sono solo nuvole che il vento modella a cuneo, come fossero tantissime esplosioni di vapore acqueo.

Poi, sul golfo del Messico, le nuvole si fanno spesse. Quasi non vi vede più il mare. A un certo punto, le nubi si aprono come un sipario, torna l'acqua, si dovrebbe ormai vedere la terra, mancano 40 minuti all'arrivo, guardo avanti e vedo un altro cumulo di nubi, e che ,spicca tra loro, la cima di una montagna altissima, una specie di colosso primordiale, la prima in tutto il viaggio, che sembre dire... Bienvenido a Mexico... Le nuvole si diradano, si intravedono montagne verdi e colline, poi la terra si sgobra da nubi, ci sono campi, coltivazioni, case, e poi, dietro altre colline, questa immensa distesa urbana chiamata Ciudad de Mexico...

(1-continua)

2 commenti:

Fabrizio ha detto...

Ok, Marco. Qualunque malefatta tu abbia commesso negli States, hai passato il confine. Sei di nuovo un uomo LIBERO!

Libero di tornare per Mantova in fretta e furia...

Andrea ha detto...

Che descrizione affascinante...aspetto il seguito.
Meneghin.