
Lunedì sera si è conclusa su SKY la terza serie di SFU, che forse saprete essere una delle mie serie TV preferite (assieme a LOST, devo dire). Per chi non ha il satellite, il martedì alle 23.30 vanno in onda in chiaro gli stessi episodi, due alla volta, e credo che ci vorranno un paio di settimane per finire la serie. Se potete, non perdetele.
SFU è in assoluto una serie geniale. Mentre vedevo lo splendido e struggente episodio finale della terza serie, con il suo mix di vita e di morte, di amore e disperazione, di speranza e rimpianto, avevo letteralmente i brividi. Lo sceneggiatore-ideatore-regista è Alan Ball, quello di American Beauty, e la sua maestria è assoluta. Se vi devo dire di cosa parla SFU, vi direi che parla della vita, delle disavventure terribili che la plasmano, e dell'ostinata follia delle emozioni che ci permettono comunque di andare avanti. Tutta la serie procede a sistole e diastole, con i quattro protagonisti - una vedova, la figlia e due figli - che passano da speranza a disperazione, da felicità a tristezza, da lucidità a follia... in due parole, dalla vita alla morte, a ritmo continuo, inplacabile, incessante. Il tutto con ironia, assurdità, soluzioni MAI banali, e risposte non facili a domande difficilissime.
Abbiamo diritto a essere felici? Come possiamo smettere di essere i peggiori nemici di coloro che amiamo? Chi muore, continua a esserci accanto? Ha un senso, la vita? Ha un senso, la morte? o forse, la vita e la morte si danno senso reciprocamente?
I quattro personaggi, tutti assolutamente "misfits", sono sublimi e assurdi, e fallaci al 100%. La madre cerca il sesso complusivamente. La figlia si mette nei guai con gli uomini. Un figlio lotta per mantenere assieme una relazione con un uomo conflittivo e un po' violento. L'altro figlio è combattuto tra un'amante ninfomane e una moglie ossessiva.
L'unica cosa che brucia è pensare che la proposta migliore della TV del momento viene programmata a mezzanotte sia sul satellite sia sul terrestre, come se chi organizza le programmazioni non si fidasse dell'intelligenza degli spettatori italiani, come se non potessimo anche alle 21.00 sentir parlare di amore, droga, arte, psicologia, sesso, morte. E adesso che la terza serie è finita, mi sa che prima di un anno la quarta non comincia... alla faccia del villaggio globale e del tempo reale dei media.