09 ottobre 2005

Fumo di China in CuorediChina

Altra anteprima... il pezzo per UR che apparirà a metà novembre.
Tra parentesi, il FdC in uscita in quel periodo parlerà anche di questo blog, con tanto di indirizzo. Da quel momento, non sarà più una chiacchierata tra amici... nel bene e nel male. Non penso di mettere sul sito www.paninicomics.it il link a questo blog, sarebbe sicuramente eccessivo.
Ecco a voi.


Ho recentemente rilasciato un'intervista a Fumo di China, una delle poche riviste specializzate sul fumetto ancora in circolazione. Con FdC ho una relazione molto particolare, dal momento che ho collaborato per le sue colonne all'epoca in cui era "solo" una fanzine, una pubblicazione amatoriale stampata in 500 copie a San Giovanni in Persiceto e impaginata con fotocopie e una macchina da scrivere. Anno di grazia 1982, seconda liceo al Galvani di Bologna, una passione per i fumetti e la voglia di scriverne, la coincidenza di conoscere l'amico di uno dei guru di FdC, tale Andrea Plazzi... e tutto iniziò così. Da allora Fumo di China è passato attraverso diverse metamorfosi, fino a diventare una pubblicazione da edicola edita da Rimini, e anche se le nostre strade si sono separate al finire degli anni '80, ho continuato a tifare per lei e a seguirla. Certo, le rimprovero a volte una certa mancanza di interesse per il nostro tipo di fumetto, e un'attenzione un po' troppo monocorde per autori italiani e francesi, ma di certo FdC resta un punto di riferimento imprescindibile. L'intervista di cui sopra è stata condotta da Sergio Rossi, una delle voci più attente della rivista, e soprattutto un passaggio mi è sembrato interessante e meritevole di esservi riproposto: perché Panini Comics non gode quasi mai del plauso della critica specializzata italiana, quasi che fossimo "invisibili" per l'intellighenzia fumettologica del nostro paese? La teoria di Rossi, per certi versi giustificata, è che il nostro "peccato originale" è di non essere dei creatori di fumetti, ma solo dei "packager", che prendono fumetti editi all'estero e li ripropongono in italiano. In qualche modo, ci si aspetta da noi una maggiore disponibilità a realizzare da zero dei fumetti... e finché non entreremo in questo agone non potremo avere gli stessi riconoscimenti di editrori come Bonelli, Astorina e tanti altri che hanno fatto della creazione dei fumetti la loro bandiera. Vi lascio leggere da soli in che modo ho ribattuto a questa osservazione durante l'intervista. A integrazione di quanto detto, mi viene da aggiungere che per certi versi è nel nostro DNA essere dei "confezionatori". Siamo nati infatti come Marvel Italia, come la casa destinata a tradurre e ristampare nel Belpaese le gesta di Spider-Man e soci. E per certi versi anche se poi nel decennio trascorso ci siamo dedicati a manga, comics indipendenti etc, siamo rimasti sempre nello stesso solco, come mentalità, come modello aziendale e come modalità di lavoro. C'è qualcosa di male in questo? Se si lavora con passione e con serietà, anche se non ci si può "fare belli" più di tanto per le opere proposte, ci si può sempre sentire orgogliosi per aver fatto conoscere autori, storie, avventure, destinate per lettori di altri continenti e che sono invece riuscite a conquistare pubblico anche da noi. E poi, diciamoci la verità, non abbiamo forse contribuito con la proposta RAT-MAN a promuovere anche un fumetto italiano nuovo, un "classico moderno", per così dire. Per non parlare poi delle tante proposte di autoproduzione che sono in cantiere, tra cui... ah, no, scusate, di questo non posso ancora parlare...

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